RASSEGNA STAMPA

Appello a Civati, Cuperlo e Fassina: un "coordinamento" che non si arrenda al renzismo

17.11.2014

da huffingtonpost.it

Una minoranza che non si adegua. Che non si rassegna a tentare di correggere i vari provvedimenti del governo, ma al contrario intende proporre al più presto una nuova linea politica: “Riportare il Pd nell'alveo del centrosinistra”, sintetizza Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, lettiano, riformista doc che oggi guarda assai più a sinistra.

E lancia ai compagni Civati, Cuperlo e Fassina una proposta: quella di dar vita appunto a un “coordinamento” degli irriducibili, di quelli che di Renzi non contrastano il singolo provvedimento ma la strategia tout court.

Che “non si arrendono al pensiero unico che sta dominando larghissima parte del Pd”. In questo colloquio con Huffpost, Boccia utilizza più volte la parola “destra” per descrivere le politiche e la strategia di Renzi: nel rapporto col mondo del lavoro, con le multinazionali del web, nei riferimenti internazionali. “Non è allargando il perimetro a desra che si cambia una società che non funziona. O meglio, così lo fanno Merkel e Cameron, ma non è il verso che ci chiedono i nostri elettori”. E ancora: “E' tipico della destra dividere il mondo tra innovatori e frenatori. In 9 mesi di governo cosa abbiamo rottamato? Giusto un po' di persone...”.

La legge di Stabilità e il Jobs Act sono i banchi di prova su cui questo coordinamento tra le minoranze più dure tenterà una prima sintesi. Probabilmente non votando la delega sul lavoro, e facendo fronte comune sugli emendamenti alla finanziaria. Boccia non è tra i firmatari che martedì presenteranno un pacchetto di modifiche che punta a cambiare, tra le altre cose, il provvedimento sugli 80 euro. Non firma visto il suo ruolo di presidente della commissione. Ma non nasconde la sua sintonia con le modifiche proposte da Fassina e fatte proprie in alcuni casi da Sel: “L'Istat ha già certificato che una misura che costa oltre 9 miliardi l'anno, e cioè 0,8 punti Pil, ne fa rientrare 0,2, mi pare che si possa già dire che non funziona”. Fassina e Boccia puntano a modificare lo sconto fiscale, tarandolo sul nucleo familiare: “Non è possibile che una famiglia monoreddito con il padre che guadagna 27mila euro l'anno non abbia diritto a nessun taglio delle tasse...”.

Solo una dei tanti tasselli che non vanno, secondo l'ala dura della minoranza. Boccia ritiene che, dopo l'evento di sabato a Milano di Area riformista, “anche i bersaniani, dopo i Giovani turchi, sono entrati in maggioranza, come fece Franceschini dopo aver perso le primarie con Bersani”. Un'affermazione hard, per chi ha seguito la convention milanese, ricca di critiche al governo. “Bersani è stato più duro, ma il senso di quell'incontro, in particolare nelle parole di Speranza e Martina, è quello di un ingresso dentro l'alveo della maggioranza renziana”.

Un'accusa non indolore, soprattutto per Speranza, che ha ribadito che “tra noi non ci sono renziani”. Ma Boccia tira dritto, e non sembra preoccupato dalla paradossale sintonia con l'ala più di sinistra del Pd, persino con Sel, con cui ha avuto durissimi scontri: “Renzi ha fatto saltare gli schemi a destra e anche a sinistra, la tensione sociale e lo scontro con Cgil e Fiom nascono perchè, al di là delle slide del premier, nei provvedimenti del governo non ci sono risposte reali a precari, disoccupati, mamme-lavoratrici, perchè non ci sono i soldi. La sfida di oggi nel Pd è quali sono le politiche pubbliche che consentono di rispondere ai bisogni degli ultimi. E' un tema che larga parte del partito non affronta, preferendo fare i selfie anziché far pagare le tasse alle multinazionali del web o andare nelle periferie”. Secondo Boccia, “forse negli emendamenti alla Stabilità il governo inserirà qualche centinaio di milioni in più per le tutele, ma non bastano certo a creare una nuova rete di tutele. Questa legge di Stabilità è l'ultima occasione in questa lunga recessione per provare a invertire la rotta con le nostre forze e con una grande operazione redistributiva. Altrimenti il rischio a primavera arrivino i consigli della Troika”.

Il presidente della commissione Bilancio assicura “lealtà al governo” nella gestione del delicato dossier della Stabilità, a partire dai tempi della discussione. Ma già guarda al dopo. Al congresso previsto nel 2017 per cambiare la leadership. O forse prima. “Se si va a votare in primavera è indispensabile fare prima un congresso del Pd”. E perché mai, visto che Renzi ha vinto nel dicembre 2013 e il mandato scade tra 4 anni? “Andare alle urne nel 2015 sarebbe il certificato del fallimento di questa legislatura in cui il Pd ha espresso due governi, dunque del fallimento di una linea politica. Vorrebbe dire andare a votare senza aver realizzato nulla: zero sulle riforme istituzionali ma zero anche sull'economia. Nel 2015 bene che vada sarà certificata la deflazione”.

E dunque? “Nessuno ha ricevuto deleghe in bianco. Di fronte a un fallimento del genere sarebbe indispensabile un nuovo congresso prima del voto”. “Io farò di tutto perché Fassina, Cuperlo e Civati restino nel Pd, è chi non crede più nel progetto dell'Ulivo che forse dovrebbe andarsene. Il nostro non è nato come un partito personale, e non può diventarlo. Altrimenti non sarebbe più il Pd, sarebbe un replay della Forza Italia del 1994, magari con lo stesso successo...”. E Se Renzi non dovesse accettare un congresso anticipato? “Ricordo che Bersani consentì proprio a lui di fare le primarie prima del voto, modificando lo statuto”.

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