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Banche e mercati stravolti dal digitale, politica e autorità all'età della pietra

28.10.2016

“Il paradosso della storia italiana relativa al ruolo delle banche durante la lunga recessione è tutto nelle dichiarazioni pubbliche del 2008, mentre Lehman Brothers faceva crack. Il refrain era: a noi la bolla finanziaria non ci tocca perché le nostre banche sono solide. Tradizionali e solide. E forse era anche vero, perché i derivati in pancia e le commistioni tra banche commerciali e banche di investimento erano davvero marginali. Non a caso, le sofferenze all'inizio della crisi erano più o meno pari a 40 miliardi e lo stesso rapporto tra sofferenze nette e impieghi totali non toccava l'1%. Sette anni dopo la catastrofe: 200 miliardi di sofferenze e rapporto delle nette sugli impieghi quasi al 5%.

La crisi scoppiata altrove in Europa viene gestita male e l'Italia assiste inerme a scelte incoerenti sia prima che dopo i salvataggi pubblici americani, inglesi e tedeschi. Negli stessi anni l'economia diventa digitale e per le banche commerciali si passa dalla valutazione degli sportelli a peso d'oro alla fuga dagli sportelli. In queste poche parole c'è tutta la responsabilità della politica e dei regolatori. Oggi abbiamo il dovere di guardarci in faccia, di dirci tutta la verità e di interpretare correttamente il mondo che viviamo, digitale, che ha bisogno di finanza all'altezza dei nuovi modelli di produzione di beni e servizi”. Così Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera,  intervenendo a “Efficienza del mercato e nuova intermediazione”, organizzato nell’Aula Magna dell’Università di Bergamo, in collaborazione con l’Università del Molise e l’Associazione G.F. Campobasso.

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