"Mezzogiorno: il coraggio mancato"
Articolo di Francesco Boccia apparso du Corriere del Mezzogiorno del 22 gennaio 2009
Non si può non condividere l'appello lanciato dal presidente Napolitano che non a caso, nel giorno dell'omaggio a Nino Andreatta in Calabria, ha chiesto alle regioni meridionali di superare «ogni forma di inerzia e di stanca gestione dell'esistente» per affrontare i problemi particolari che affliggono quest'area del paese. Non è un caso, ripeto, che il presidente sia intervenuto visto che, come ha opportunamente ricordato, Andreatta fu un uomo del Nord che si impegnò per lo sviluppo del Mezzogiorno «con la passione e il sentimento di assolvere un dovere nazionale» così come dopo l'Unità di Italia avevano fatto Franchetti e Sonnino affiancandosi all'impegno di Giustino Fortunato e trascinando altri illuminati uomini del Nord in un impegno che si manifestò nei primi decenni del secolo a favore della rinascita del Mezzogiorno.
Secondo Napolitano l'unità nazionale è un «valore che va coltivato» e per questo motivo bisogna spingere il Nord ad essere consapevole di «quei doveri inderogabili di solidarietà» sanciti dalla Costituzione nei confronti delle regioni meridionali.
In queste ore si sta discutendo il provvedimento sul federalismo. Da meridionale credo che una maggior autonomia dei singoli territori sia un valore, come lo era all'inizio del secolo scorso, se coincide con la responsabilità di chi li governa. Viceversa se l'autonomia si trasforma in ridimensionamento del ruolo dello Stato, sono fortemente contrario, perché è proprio di uno Stato moderno, rigoroso e di diritto che il nostro mezzogiorno e il paese intero hanno fortemente bisogno. Il Governo non può con la mano destra presentare la legge sul federalismo e con la sinistra togliere ciò che serve per rendere il Sud pienamente operativo e soprattutto autonomo. Sta accadendo che mentre a Roma si discute, le imprese meridionali rischiano di scomparire per sempre, travolte dallo tsunami della crisi di liquidità. Non è il momento di dibattiti tra destra e sinistra: è l'ora che tutti i deputati meridionali di maggioranza si schierino compatti per la "priorità mezzogiorno". E per farlo hanno già buttato via molte occasioni, la più eclatante è senza dubbio quella che sancisce il concetto di automatismo negli interventi che, inspiegabilmente è sempre osteggiata dal Ministro Tremonti.
E' così dal 2001. Anche Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, aveva formalmente richiesto al ministro Scajola quest'impegno.
Lo dico senza polemica ma pienamente convinto del fatto che il Governo ha chiuso di fatto il rubinetto per dare ossigeno a un'economia meridionale in affanno e che nei prossimi mesi sarà chiamata a pagare il conto della recessione già in atto. Gli automatismi per la fruizione dei benefici fiscali avrebbero consentito la creazione di un nuovo stabilimento, l'ampliamento di un'azienda esistente, la diversificazione della produzione di beni e dei suoi processi. Ininterrottamente per 22 mesi, durante il governo Prodi, Tremonti e Berlusconi hanno spiegato agli italiani che con loro ci sarebbe stata una vera e propria rivoluzione di politica industriale, basata sulla crescita.
Oggi invece in nome dell'ennesima crisi al tempo di Berlusconi, della presunta stabilizzazione dei conti pubblici (poi presentano un decreto legge economico al mese) e dell'inemendabilità della finanziaria, si nasconde la vera intenzione del Governo: lasciare a Tremonti le mani libere d'intervenire dove e come vuole utilizzando le sole risorse disponibili. Risorse del FAS e del Mezzogiorno usate per ogni esigenza del Paese.
Gli interventi fortemente voluti su Alitalia, Banche, Ici per i più ricchi, buco di Catania, maxidebito di Roma da un lato mettono in evidenza la volontà di tenere le mani libere su tutto quello che si ritiene conveniente fare; dall'altro, la serie di no alla detassazione di salari, pensioni e tredicesime, oltre al muro contrario eretto da Tremonti sul credito d'imposta alle imprese, danno il senso della mancanza di volontà di sostenere i ceti medio-bassi e le imprese.
La politica economica assomiglia molto a quella del 2001, con l'unica eccezione dei condoni. E' vero: oggi ci vorrebbe Andreatta. Ma forse basterebbe anche un pò di coraggio dei meridionali del PDL.