RASSEGNA STAMPA

Jobs Act, "Renzi fa finalmente un passo indietro per farne due avanti da sinistra"

14.11.2014

da huffingtonpost.it

“Sul Jobs Act c’è stata una scelta saggia del governo, un passo indietro per farne due avanti da sinistra. Finalmente, dalla direzione di mercoledì sera, abbiamo visto un Renzi più attento alle ragioni delle minoranze, meno asfaltatore”. Francesco Boccia, esponente dem assai critico col premier pur avendolo votato alle primarie, plaude alla mediazione raggiunta oggi alla Camera sul mercato del lavoro, che prevede di mettere nero su bianco il reintegro per i licenziamenti disciplinari. “Si è evitato di spaccare il partito, si sono ascoltati un po’ meno i pasdaran e un po’ di più le persone di buona volontà come Cesare Damiano e Lorenzo Guerini”, dice ad HuffPost.

E tuttavia il documento approvato nella famosa direzione Pd del 29 settembre, che prevede il rientegro per i disciplinari, molti come lei e Bersani non l’avevano votato. Cosa avete da festeggiare?

“E infatti non c’è nulla da festeggiare. Ma almeno si vede una coerenza, si fa quello che ha deciso la maggioranza del partito, non si vota con la fiducia un testo, quello del Senato, che appartiene alla cultura della destra italiana”.

Perché parla di due passi avanti da sinistra?

“Il primo riguarda i licenziamenti e l’articolo 18, un tema dirimente per una forza di sinistra. L’altro riguarda le risorse per le tutele, i precari e le maternità. La legge delega, per come è stata concepita finora, è a costo zero, e cioè non prevede risorse aggiuntive rispetto al 2013 e al 2014. Ho ragione di credere che nella legge di Stabilità saranno previste risorse aggiuntive per coprire il Jobs act”.

Un altro tassello dell’accordo nel Pd?

“Per tutta la prossima settimana esamineremo gli emendamenti alla legge di Stabilità in commissione Bilancio alla Camera. Ho ragione di credere che ci sarà uno sforzo del governo in questa direzione”.

Ma lei il nuovo Jobs Act ha intenzione di votarlo?

“Credo che sia stato fatto un passo indietro importante da parte del governo, ma prima di decidere come votare voglio leggere bene i testi. Mi fido molto della capacità di mediazione di Damiano, ma prima voglio vedere se ci sono le risorse in legge di Stabilità. Prima vedere il cammello, e cioè i soldi per i precari e le maternità, aggiuntivi rispetto alla cassa integrazione che non può certo sparire nel 2015”.

Crede che il Pd esca ricompattato da questa mediazione?

“Vedremo. Siamo passati dal testo Sacconi, votabile tranquillamente anche da Forza Italia, a qualcosa di diverso. Io credo che questo lo veda il 100% del Pd, compresi Civati e Fassina. La credibilità del nostro partito è stata salvata. Tenendo conto di questo, è possibile che restino dei voti contrari, magari solo sul testo finale e non sulla eventuale fiducia”.

Ritiene che Renzi abbia cambiato direzione? E perché?

“Non so se sia stato merito nostro. Prendo atto che fino a mercoledì c’era un premier che sembrava voler asfaltare tutto e tutti e correre verso la fiducia sul testo del Senato. Mercoledì sera, dopo l’incontro con Berlusconi, nella direzione Pd è tornata la politica: niente muro contro muro e maggiore attenzione di Renzi alle ragioni della minoranza, anche sulla legge elettorale”.

Non vorrà mica dire che l’ex Cavaliere abbia suggerito saggezza al premier?

“Mi limito ai fatti. Il Renzi della direzione non ha cercato contrasti, al contrario ha cercato per la prima volta sponde più ampie nel partito”.

Forse perché con Berlusconi è andata peggio di come si racconta?

“Probabilmente è così…”.

La scelta del premier sul Jobs Act allontana le elezioni?

“E’ un piccolo segnale che fa pensare che il governo voglia andare avanti. Ma ci sono anche dei segnaloni che indicano il contrario, come la corsa sulla nuova legge elettorale in una fase in cui la priorità è senza dubbio l’economia…”.

Sul nuovo Italicum le stime dicono che ci saranno tra 300 e 400 deputati nominati…

“Sono troppi, e il primo a doverlo capire è proprio Renzi che viene da una storia di primarie e di rottamazione delle oligarchie di partito. Io credo che per ricompattare davvero il Pd serva una legge elettorale che prevede al massimo un 20% di nominati, non il 50% e oltre. E poi non capisco perché si debbano buttare via le coalizioni con il premio alla lista. Chi l’ha deciso che vogliamo un sistema bipartitico all’americana?”.

Vuole mettere in discussione anche il premio alla lista, su cui Renzi sta faticosamente strappando il sì di Berlusconi?

“Spero che nella nostra assemblea che faremo a dicembre in Calabria si possa approfondire il tema della legge elettorale, anche con dei gruppi di lavoro, come in passato si è fatto con Veltroni e poi con Bersani. Credo che i nostri elettori vogliano una coalizione di centrosinistra con Sel, come facciamo in moltissimi Comuni e Regioni. Vorrei almeno poterne discutere. La nostra storia, quella dell’Ulivo, prevede delle coalizioni di centrosinistra da presentare prima del voto agli elettori. Con questo non nego che rispetto al primo Italicum, che non ho votato, si stiano facendo dei passi avanti. Speriamo che ce ne siano altri…”.

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