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28.04.12 - STATI UNITI D'EUROPA ( DAL BLOG LA SOTTILE LINEA ROSSA - L'UNITA' DEL 28.04.2012 )

29.04.2012
Niente più alibi. Il tempo dei rinvii è scaduto. Da soli dalla crisi non si esce, né tantomeno si può auspicare di tornare a crescere se non si adotta una visione di sistema: un prospettiva finalmente e compitamente orientata al futuro. È bene che tutti, Germania in primis, se ne rendano conto: è il momento di compiere delle scelte in un?ottica di maggiore integrazione e di dare quell?impulso definitivo al processo di unificazione politica dell?Europa. In questi mesi si è detto e scritto tanto della crisi che ha messo a dura prova gli equilibri politico-economici mondiali e delle possibili strategie per affrontarla con un nuovo paradigma di sviluppo. Dopo fiumi di parole (e di teorie, più o meno campate in aria) l?unica certezza è che la sola strada percorribile per uscirne è l?unione politica dei Paesi europei. Quegli Stati Uniti d?Europa spesso auspicati o evocati in astratto, ma mai seriamente presi in considerazione. Il momento che stiamo attraversando, e che con fatica stiamo provando a metterci alle spalle, ha dato la conferma, per chi ancora avesse qualche dubbio in proposito, che una scelta in tal senso non è più procrastinabile. Occorre ripensare la sovranità dei singoli Stati membri per arrivare a una vera sovranità sovranazionale. Ma che vuol dire? E soprattutto come si sposa con la crisi dei debiti sovrani degli Stati del Vecchio Continente? Anzitutto europeizzando fino in fondo le politiche pubbliche che maggiormente incidono su questa materia. Per questo, proprio negli ultimi giorni, nel presentare la risoluzione al Def del governo, abbiamo chiesto al Presidente Monti e ai suoi ministri di contribuire in maniera netta e decisa all?aggiornamento della politica economica e di bilancio, e alla governance monetaria dell?UE, riattribuendo così all?Italia un ruolo di primissimo piano nel progetto di unificazione europea. Sarà un processo complesso, ce ne rendiamo conto, in cui bisognerà ripensare anche al mandato della Bce che, nel tempo, dovrà connotarsi come prestatore di ultima istanza, monitorando, in maniera sempre più rigida, la destinazione dei prestiti forniti a tasso agevolato, da destinare al credito alle imprese. Allo stesso modo, la ratifica del Fiscal Compact dovrà, necessariamente, essere accompagnata da un impegno per favorire lo sviluppo dell?impresa e dell?occupazione, riducendo le differenza tra i diversi Paesi europei. Ovviamente per sostenere una tale politica occorrerà fare scelte ambiziose o ricorrere a opzioni che fanno spesso storcere il naso ma che adesso sembrano indispensabili. Stiamo parlando dell?emissione di project bond, ad esempio, o di specifici strumenti fiscali a livello europeo, nonché degli stability bond o, ancora, degli Eurobond. Proprio su questi ultimi che si alimentano molte e accese discussioni a livello comunitario. Croce e delizia di economisti, politici e esperti del settore, gli eurobond sono stati, in questi anni, protagonisti di dibattiti e scontri sulla necessità, o l?opportunità, di adottare uno strumento che potrebbe mettere in comune, almeno in parte, l?indebitamento pubblico dell?area. Da un lato Romano Prodi che, già in tempi non sospetti, ne auspicava l?utilizzo e, anche ultimamente, ha tenuto a ribadirne l?esigenza: ?Sarà inevitabile arrivare all?emissione degli Eurobond?, perché senza ?la moneta unica non regge?. Dall?altro, la signora del NO, Angela Merkel, che li considera ?un errore, non una soluzione valida alla crisi?. Se a dicembre una tale posizione della Germania poteva anche essere giustificata, perché c?erano dei validi motivi per non volersi assumere responsabilità di risoluzioni di bilancio irresponsabili di altri Stati, oggi, questa tesi inizia però a disintegrarsi. Con le garanzie e i vincoli derivanti dalla firma del Fiscal Compact, infatti, tutte le obiezioni avanzate vengono, una dopo l?altra, rimandate al mittente. Anche perché è giusto ricordare a Berlino che certamente oggi con il marco non otterrebbe sull?export gli stessi risultati che, invece, porta a casa con l?euro. Per essere chiari, la scelta dell?Eurobond, l?emissione congiunta di titoli di Stato, è una scelta che comporterebbe sì la condivisione dei debiti tra Paesi ma anche un?accelerazione del cammino verso sistemi fiscali, di welfare e di difesa comuni. Significa che avremo tutti più diritti e più doveri, e una politica economica comune. Si tratta, a ben vedere, di obiettivi che il PD è impegnato da tempo a perseguire. Adesso, però, tocca anche alla Germania capirlo. Non sono più ammessi alibi né sugli eurobond né sui project bond né, più in generale, sull?unificazione politica europea. In particolare dobbiamo arrivare al voto diretto dei vertici politici del governo UE. Noi italiani siamo pronti a votare un premier di un altro Paese, la domanda è se lo sono anche i tedeschi. Nella partita europea il nostro Paese non è mai stato in panchina ma ha sempre avuto un ruolo da protagonista, dal mercato comune del carbone e dell?acciaio fino all?adozione dell?euro. L?Italia è contribuente netto per il bilancio comunitario ? mettiamo, cioè più soldi di quelli che prendiamo ? proprio come Francia e Germania (oltre al Benelux). Come disse Jean Monnet ?l?Europa si fa nelle crisi?e l?Italia ha tutte le carte in regola per proporsi come Paese guida e sostenere senza indugi la costruzione degli Stati uniti d?Europa. ( DAL BLOG LA SOTTILE LINEA ROSSA - L'UNITA' 28.04.2012 )

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