Intervista rilasciata a Veronica Ulivieri, pubblicata su EticaNews
Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio alla Camera e primo firmatario del Ddl per la riforma della legge di Bilancio, fa il conto alla rovescia per l’approvazione, da parte del Senato, di un provvedimeto che introduce nel Documento di economia e finanza, sotto forma di allegato, gli indicatori di Benessere equo e sostenibile (Bes). Una misura che, pur non mettendo al bando il Pil (sarebbe ad oggi impossibile) affianca l’indicatore con dati che riguardano l’ambiente, la salute, la sicurezza, la qualità dei servizi. E ancora, l’istruzione, le relazioni sociali, le istituzioni, il patrimonio culturale. L’effetto, per il deputato Pd, sarà un «cambio culturale» che «avvicinerà il bilancio dello stato ai cittadini, rendendo trasparenti gli effetti delle politiche pubbliche».
Come le è venuta l’idea di inserire gli indicatori Bes nella riforma della legge di Bilancio?
Con una battuta, potrei dire che è nel mio destino. Io sono nato il 18 marzo del 1968, il giorno del famoso discorso di Bob Kennedy sul superamento del Pil. Quel discorso è stato molto citato da economisti e sociologi, ma da allora non sono stati fatti grossi passi avanti, se non nell’ultimo decennio in Europa e in Italia. Nel nostro Paese, in particolare, ci sono stati la campagna “Sbilanciamoci” e i rapporti Istat per la misurazione del benessere equo e sostenibile, molto convincenti. La comunità scientifica su questo tema si divide tra favorevoli e contrari: io ho scelto la gradualità. È evidente che il Pil è il comune denominatore quando si parla dell’economia di tutti i Paesi riconosciuti dalle Nazioni Unite, ma il Bes rappresenta la misurazione di alcune dimensioni sociali fondamentali per capire l’effetto delle politiche.
In che modo, concretamente, il Bes entrerà nelle politiche economiche?
A primavera sarà presentato il Documento di economia e finanza, in ottobre sarà approvata la legge di Bilancio con le misure macroeconomiche e ogni anno, entro il 15 febbraio, il Parlamento dovrà esprimersi votando una risoluzione sulle modalità con cui quelle determinate politiche di bilancio impattano sulle 12 dimensioni del Bes. Abbiamo anche previsto un comitato di altissimo livello che avrà il compito di selezionare e definire gli indicatori di benessere equo e sostenibile che saranno poi adottati con decreto del ministero dell’Economia. Per esempio, per valutare le politiche ambientali potrebbe essere interessante monitorare l’andamento della Co2; per le politiche per la famiglia un buon indicatore potrebbe essere il numero di asili nido. Il Parlamento si dovrà quindi confrontare su questi indicatori e non più solo su numeri freddi come il Pil.
Ci sarà un cambio di approccio?
Sì, il Bes porterà a un cambio culturale e farà aumentare la qualità del dibattito e la partecipazione. Perché il confronto non sarà più su numeri astratti, ma su dimensioni trasparenti e vicine alla vita quotidiana delle persone. Non si potrà più barare.
Quali saranno gli effetti futuri?
L’effetto più dirompente sarà quello di avvicinare il bilancio dello Stato ai cittadini, rendendo umani i numeri. Il Bes condizionerà anche le scelte delle politiche: si perderà l’abitudine di fare cose che non incidono sulla società. Questi indicatori spingeranno chi governa a mettere l’interesse collettivo davanti agli interessi particolari, perché poi gli impatti saranno evidenti e trasparenti.
Ci sono altri Paesi che hanno inserito questo genere di monitoraggio o questo tipo di principi nel Bilancio dello stato?
Sì, nei Paesi del Nord Europa si fanno già misurazioni simili. C’è un dibattito molto avanzato anche in Germania e in Gran Bretagna, mentre negli Stati Uniti questi temi sono al centro del confronto anche in campagna elettorale. Adesso serve un raccordo europeo.
Quando avverrà l’approvazione definitiva del Ddl in Senato?
È calendarizzato in aula per i prossimi giorni, entro questa settimana dovrebbe essere definitivamente approvato.