(ANSA) - ROMA, 22 GIU - L'inquilino di Palazzo Chigi sarà un po' più "premier" e non solo Presidente del Consiglio. La riforma della legge di Bilancio approvata oggi dalla Camera rafforza infatti i suoi poteri di coordinamento della finanza pubblica, così come l'asse con il Tesoro nel controllo della spesa dei ministeri e quindi nella gestione della spending review. La riforma, che va al Senato, è stata votata da partiti europeisti (Pd, Ap, Fi, Sc, Si, Des-Cd, e Conservatori), mentre Lega e Fdi si sono astenuti e M5s ha votato contro. La riforma della legge di Stabilità rappresenta "una rivoluzione culturale", commenta il presidente della commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia.
Con le nuove regole, assicura, "diciamo stop al suk delle norme micro e localistiche e alla possibilità di utilizzare le clausole di salvaguardia, con una maggiore responsabilizzazione dei singoli ministri, mentre introduciamo l'indicatore di benessere che consentira' di misurare le politiche economiche". Novità in arrivo anche sul fronte dei derivati e sulle politiche di genere: "Il governo - sottolinea infatti Boccia - dovra' presentare una relazione nella quale dare conto di come le politiche di bilancio impattino sulle questioni di genere".
La riforma è di iniziativa parlamentare e reca la prima firma proprio del presidente della Commissione Bilancio, oltre a quella dei gruppi che poi l'hanno votata. Un po' come nel 2012 per la riforma dell'articolo 81 della Costituzione, con l'introduzione del pareggio di bilancio, che fu promossa da tutti i gruppi europeisti oltre che da un ddl del governo Berlusconi. E di quella legge è attuazione l'attuale riforma, motivo per il quale M5s ha votato "no", come ha ben spiegato in Aula Francesco Cariello. Il ddl razionalizza gli strumenti per la formazione del Bilancio dello stato. Viene abrogata la legge di stabilita' e viene previsto il solo ddl di Bilancio. Esso dovrà contenere tutti gli appostamenti di entrate ed uscite nella seconda parte, mentre nella prima le misure che possono incidere sui saldi di finanza pubblica, oggi inserite nella Stabilita'. In ogni caso niente norme di delega al governo o puramente ordinamentali e, soprattutto, niente "misure microsettoriali o di natura localistica", cioè le cosiddette "marchette". "Finisce il suk" ha commentato tra l'altro Francesco Boccia. Ma il dato centrale è la nuova governance della finanza pubblica, con la possibilita' per il ministero dell'Economia e per Palazzo Chigi di intervenire nel corso dell' anno sui bilanci dei ministeri che sforano le spese.
Il Tesoro monitorerà la spesa degli altri dicasteri nel corso dell'anno. "Qualora siano in procinto di verificarsi degli scostamenti", afferma la riforma, il Mef, "sentito il ministero competente, provvede per l'esercizio in corso alla riduzione degli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero competente". Qualora gli stanziamenti interni al Ministero che ha sforato "non siano sufficienti alla copertura finanziaria del maggior onere", si procede coinvolgendo Palazzo Chigi. Su proposta del Tesoro, "con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa delibera del Consiglio dei ministri, si provvede mediante riduzione degli stanziamenti iscritti negli stati di previsione della spesa nel rispetto dei vincoli di spesa". Sul decreto le Commissioni Bilancio di Senato e Camera daranno un parere.
La possibilità di intervento nel corso dell'anno è legata logicamente all'abrogazione delle clausole di salvaguardia che, come ha detto Rocco Palese (Cor), "erano delle bombe ad orologeria nei confronti delle tasche dei cittadini". Infine il Bilancio non misurera' solo il Pil. La riforma prevede che venga allegato al Def l'Indicatore di Benessere equo e sostenibile (Bes), e che entro il 15 febbraio di ogni anno le Camere votino una risoluzione sugli effetti delle politiche sul Bes (es. ambiente, asili nido, trasporti, ecc). "Una rivoluzione - ha detto Gulio Marcon (Si) - che mette al centro la vita vera delle persone e non i freddi numeri del deficit o del Pil". Cosi' come il Tesoro dovra' presentare la Parlamento una relazione annuale sull' impatto delle politiche fiscali ed economiche sulle politiche di genere. Due elementi che renderanno l'Italia piu' europea, non solo nel rispetto dei vincoli di Bilancio.