"Vigiliamo su Unicredit"
Articolo di Francesco Boccia apparso su Europa del 29 settembre 2010
Potere delle fondazioni, scalata dei tedeschi, strategie dei libici, fusione mediobanca-generali, fusione europea allianz-generali e poi ancora lega contro i libici, lega contro i tedeschi, Tremonti contro Letta, Berlusconi in asse con Geronzi. Potremmo continuare ancora un pó con le ipotesi, i sospetti e le analisi del giorno dopo la defenestrazione di Profumo, ma il minestrone non migliorerebbe di qualità.
Tra le ipotesi fatte nelle ultime ore, alcune davvero strampalate altre teoricamente possibili, c'è una sola certezza: Profumo e con lui l'idea di Unicredit di questi anni, non c'è più.
Per dirla con le parole del Presidente Dieter Rampl "c'erano punti di vista diversi sulla corporate governance". I punti di vista di Profumo erano conosciuti benissimo in azienda dagli oltre 160mila dipendenti, dai soci, dai mercati e dalla politica. Non è dato sapere quali siano i punti di vista sulla corporate governance del Sig. Rampl e soprattutto gli obiettivi strategici affidati alla nuova idea (sconosciuta) di governance.
In queste ore ci auguriamo che, almeno le autorità di controllo da Bankitalia per le proprie competenze, a Consob (che è ancora sciaguratamente senza Presidente) vigilino sulle informazioni sensibili a tutela dei mercati e dei risparmiatori.
É evidente che l'uscita di scena di Profumo chiude una pagina di storia del secondo gruppo bancario italiano. Una storia, quella di questi anni, che ha incrociato anche i grandi cambiamenti nella concezione di finanza e nello stesso capitalismo italiano dagli anni novanta ad oggi.
All'inizio degli anni novanta la finanza era ancora considerata ancella dell'impresa e le banche facevano profitti soprattutto sulle modalitá con cui consentivano agli imprenditori di fortificare quell'ancella stessa e sul rapporto raccolta/impieghi disciplinato da un chiaro rispetto dei risparmiatori.
Negli ultimi 15 anni è cambiato il mondo finanziario e con esso le banche e il capitalismo. Unicredit e Profumo, hanno interpretato i cambiamenti della finanza internazionale forse più di ogni altro gruppo bancario italiano. Nel bene, diventando per un lungo periodo la banca più dinamica e flessibile tra le italiane all'estero, e nel male, quando ha dovuto metabolizzare maggiori perdite rivenienti da un da alcuni errori di valutazione su operazioni finanziarie.
A Profumo va dato atto della linearità dei comportamenti, della trasparenza e della difesa a oltranza dell'autonomia della banca. Unicredit è un gruppo che ha fatto dell'autonomia un valore e oggi diventa uno snodo nel complesso risiko di un capitalismo italiano sempre più povero e più concentrato nelle mani di pochi.
Non sappiamo quale sia la nuova strategia. E questo, nel 2010 è grave. Semplicemente perchè le informazioni nell'era globale sono sostanza per i risparmiatori, rappresentano un asset per la valutazione dei mercati. L'opacità viceversa, tende a deprezzare con i comportamenti dei manager, anche il valore del capitale nelle mani di chi non ha colpe: i piccoli azionisti e i dipendenti stessi.
Non è questo il momento di fare un processo alle intenzioni e non serve aumentare il grado di confusione che rende il minestrone di ipotesi iniziali ancora più grottesco e indigeribile. Quello però, che la politica ha il dovere di fare, è vigilare che le regole vengano rispettate.
In questo momento, nonostante la pioggia di smentite e le mani avanti messe da molti protagonisti (da Rampl, a Geronzi, da Bossi a Tremonti), l'unica certezza è che Profumo non é più in Unicredit e che il secondo gruppo bancario italiano è senza strategie. A meno che a palazzo chigi non sappiano già tutto; in quel caso dovremmo iniziare seriamente a preoccuparci: perchè la nomina del nuovo amministratore delegato seguirebbe il modello virtuale della nomina del ministro per lo sviluppo economico e le strategie non servirebbero a nulla perchè sarebbero state giá decise.