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08.03.13 - Grillo, affari in Costa Rica e paradisi fiscali. E la rete che dice? ( DAL BLOG DELL' UNITA' - LA SOTTILE LINEA ROSSA DEL 08.03.2013 )

08.03.2013
Dal bianco al nero in una frazione di secondo. Giusto il tempo di prendere atto del ruolo che la rete – è inutile negarlo – ha rivestito (e riveste) in questo particolare momento della politica italiana che già arriva il primo stop. E da chi, poi? Dallo stesso personaggio che vuole creare “il portale”, una “piattaforma che servirà per creare un programma dinamico”, il luogo in cui scegliere, tra le altre cose, il nome del prossimo presidente della Repubblica. Tutti buoni propositi, per carità. Ma, poi, nei fatti, si cambiano un po’ le carte in tavola e la situazione risulta essere leggermente diversa. Cosa sarà mai successo in casa M5S perché ci fosse quest’inversione di rotta? Com’è possibile che la mente della strategia grillina, il guru Casaleggio, mette in guardia gli eletti proprio dai social media? E, anziché “ringraziarli”, perché co-autori del successo a cinque stelle, che fa? Invita i neodeputati a diffidare, lanciando un sonoro: “attenti ai social media”. È evidente che quella che è stata, finora, in Parlamento non è una classe politica 2.0. Non lo è mai stata e non può esserlo per ovvi motivi. Ma, almeno uno dei vantaggi del web credo sia sotto gli occhi di tutti: la possibilità, per chi è inserito, in qualche modo, nella sfera pubblica, di essere completamente trasparente con i suoi interlocutori. La stessa trasparenza che da mesi, da quando ha iniziato a fare il moralizzatore, chiediamo a Beppe Grillo. Trasparenza almeno sulla rete. La stessa che utilizziamo noi. Almeno la dichiarazione dei redditi di questi anni, quella che si può trovare online per ognuno dei democratici. E, invece, il nulla più assoluto. E ora, ad agitare le acque, anche l’inchiesta de L’Espresso: tredici società in Costa Rica, gestione di affari, resort di lusso, paradisi fiscali. Un quadro che, se fosse confermato – lasciamo il beneficio del dubbio – sarebbe di una gravità inaudita. Anche perché verrebbe meno il cavallo di battaglia del “noi siamo migliori degli altri”. E la rete che dice di tutto questo? Si preferisce far finta di niente? Mi chiedo, anche per capire qual è il metro di giudizio, nessuna indignazione, nessuna critica? Solo un timido “se è vero Grillo ha sbagliato”? Troppo poco, forse, per chi, finora, ha preferito ergersi a moralizzatore. Detto questo, però, non dobbiamo perdere di vista l’obiettivo comune: un Paese completamente diviso che chiede un cambiamento ma che rischia, seriamente, di incartarsi su sé stesso. Se non ci sarà, da parte di tutti, un’assunzione di responsabilità. E in questo anche il M5S, adesso, è diventato parte in causa. Noi, da parte nostra almeno, vogliamo ripartire ammettendo chiaramente le nostre colpe “politiche”, su quello che è stato fatto e su quello che, spesso, non è stato fatto. E non intendo nell’ennesima analisi del voto che, ormai lascia il tempo che trova, ma sui temi concreti. Sulle proposte avanzate in questi anni e su quelle sulle quali non abbiamo avuto il coraggio di osare. Sulle cose che ci sono state richieste, più volte e a gran voce, dalla base, e sulle quali, però, un po’ troppo spesso, si è preferito soprassedere. Io voglio ricominciare da qui. Dai nostri errori. Perché errori ce ne sono stati, è giusto ammetterli. Ed ho intenzione di affrontarli, uno per uno. Poi, però, arriva il momento di ripartire e in quel caso la protesta non basta più. Servono le proposte. Oggi c’è un punto su cui, credo, tutti concordiamo – e prendo in prestito le parole del presidente Napolitano – “i problemi urgenti e le questioni di fondo che riguardano l’economia, la società, lo Stato, non possono aspettare”. L’Italia ha bisogno di un governo, ha bisogno di veder realizzate proposte concrete e, se possibile, condivise. Confrontiamoci sui temi – lo ripeto – perché una volta messi da parte urla e slogan, il cambiamento, poi, bisogna attuarlo nei fatti.

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