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25.09.12 - Piano Giavazzi: da 10 mld a 300 mln, dalla teoria alla pratica tra silenzi e imbarazzi ( dal Blog dell' Unità La sottile Linearossa del 25.09.2012 )

25.09.2012
E come nelle migliori occasioni: tanto rumore per nulla. Dopo mesi di dibattiti virtuali, a mezzo stampa, con informazioni rubate qua e là, bozze più o meno ufficiali, ecco che finalmente si è venuti a capo del mistero Giavazzi. Semplicemente i dieci miliardi che si sarebbero dovuti ricavare dal taglio ai contributi statali alle imprese si sono volatilizzati. O forse, in realtà, non sono mai esistiti. Ma andiamo con ordine: il 30 aprile scorso venne affidato al professore Francesco Giavazzi l’incarico di fornire ‘analisi e raccomandazioni sul tema dei contributi pubblici alle imprese’. A giugno questa relazione parrebbe – a questo punto il condizionale è d’obbligo – essere stata trasmessa al Presidente del Consiglio e al Ministro dello sviluppo economico. E poi? E poi se ne sono perse le tracce. O meglio, poi tutte le notizie a riguardo sono state affidate solamente agli organi di stampa. Sulla base di queste notizie, incrociando diverse stime e dati, il rapporto stima in un valore pari a circa 10 mld di euro annui l’ammontare dei contributi eliminabili nel lungo periodo, considerando esclusivamente i contributi alle imprese in senso stretto ed eliminando dall’oggetto del rapporto sia gli incentivi finanziabili con fondi europei sia quelli diretti a compensare l’adempimento di obblighi di servizio pubblico (trasporto, sanità, istruzione). Il rapporto, inoltre, conterrebbe anche uno schema di decreto-legge abrogativo di norme agevolative, alcune delle quali puntualmente elencate, mentre per altre si rinvia a successivi regolamenti. A questo punto, chiedere al governo un chiarimento (qui il testo dell’interpellanza) c’è sembrato un passaggio obbligato: quale, quindi, la cassa disponibile? E, ancora: questo riordino di fatto non incide sull’impostazione data dal ministro Passera sugli incentivi contenuti nell’ultimo Dl sviluppo? Domande legittime, credo. Per dovere di cronaca, comunque, è giusto ribadire che si è trattato di un dibattito per lo più virtuale, dal momento che non si è mai avuta nessuna comunicazione ufficiale. Fino allo scorso giovedì, quando – dopo numerose richieste – il governo, per bocca del sottosegretario Giampaolo D’Andrea, ha risposto alla nostra interpellanza, mostrando tra l’altro un certo imbarazzo. Stando alle parole ascoltate in Aula si starebbe, ancora adesso, ‘analizzando il contributo fornito dal rapporto Giavazzi al fine di valutare l’opportunità’ di ulteriori interventi di razionalizzazione’. E ‘non appena questo esame di fattibilità sarà concluso, il governo si riserva di rendere pubblico il rapporto insieme al complesso dei possibili interventi conseguenti all’ampia riflessione in corso’. Il passaggio dalla teoria alla pratica pare, quindi, si sia rivelato più complicato del previsto. E tra silenzi e imbarazzi si è arrivati a questa risposta che definire evasiva è un eufemismo. A dirla tutta, infatti, ci saremmo aspettati qualcosa di diverso. Una risposta meno vaga e certamente più chiara. Perché, dal momento che c’era in ballo la possibilità di ricavare circa 10 mld dagli interventi di razionalizzazione dei contributi alle imprese, la chiarezza credo sarebbe dovuta essere la discriminante fondamentale. In primis perché se quelle risorse (che non saranno i 10 mld annunciati ma rischiano di avvicinarsi ai 300 mln di cui parlava il ministro Passera nella relazione tecnica al Dl sviluppo) esistono devono essere utilizzate per ridurre la pressione fiscale sul lavoro. E poi, a maggior ragione, vista la situazione che il Paese sta attraversando. Perché alimentare un dibattito prospettando una tale cifra, e concludere poi il tutto con un nulla di fatto, rischia soltanto di generare confusione e incertezze. Con la nostra azione abbiamo voluto far chiarezza sulla necessità di riordinare, nel secondo Dl sviluppo che arriverà nelle prossime settimane, il sistema degli incentivi, ponendo una netta distinzione tra quelli a bando e quelli automatici (credito d’imposta su ricerca e lavoro) che noi riteniamo essenziali. Pur condividendo di base, quindi, la ‘filosofia Giavazzi’ dell’abolizione dei bandi relativi a incentivi che non fanno riferimento a fallimenti del mercato e rimanendo convinti che un riordino della materia sia doveroso e quanto mai necessario, temiamo che stavolta le risorse annunciate si siano in realtà trasformate in un vero e proprio buco nell’acqua e l’esecutivo non sia pronto ad affrontare la questione che abbiamo posto. Quello però che mi preme sottolineare è che da parte nostra c’è sempre stata e continua ad esserci la piena disponibilità ad affrontare l’argomento. Se si vuole iniziare una valutazione seria sul tema, a cominciare dal riordino dei contributo al nostro sistema produttivo, dall’abolizione dei bandi discrezionali, degli incentivi a pioggia noi ci siamo. Siamo pronti. Ma le proposte devono essere presentate e discusse in Parlamento. Senza demagogia. Senza che vengano dati dei numeri che poi, puntualmente, hanno bisogno di una rettifica. Ma, soprattutto, con un’immensa fretta perché le imprese, i lavoratori e gli stessi mercati non aspettano.

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