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28.07.12 - BOCCIA : UN BLOCCO INOPPORTUNO ( dal Messaggero pagina 8 del 28.07.2012 )

30.07.2012
Roma – Ci sono dei momenti difficili per tutti anche per un magistrato, nei quali diventa necessario avere il coraggio di fermarsi un attimo prima. Francesco Boccia, deputato del Pd pugliese, esperto di Economia e coordinatore delle Commissioni economiche della Camera, commenta così il sequestro dell’ Ilva. Onorevole cosa sarebbe stato giusto fare ? Mi sarei aspettato anche se lo so che nel nostro Paese non si può dire perché è una sorta di tabù, che si dicesse al magistrato : fermati un metro prima rispetto al sequestro dell’impianto. Ho la fortuna di conoscere bene la procura e il procuratore capo, che stimo. Ho lavorato gomito a gomito con loro, nel conosco le eccellenze, ma fatta questa premessa, ci sono dei momenti che ai pm la storia chiede uno sforzo in più, ee in questo caso lo sforzo di saggezza era opportuno rispetto al blocco dell’ Ilva. L’azienda rappresenta la siderurgia italiana. La procura parla di grave danno alla salute. Quello che voglio dire è che quando il magistrato decide di bloccare l’impianto, deve sapere, anche se non è scritto nel Codice penale, che quanto sta per fare è una condanna a morte dell’azienda. E procedere a questa condanna significa andare oltre anche l’autonomia costituzionale che è data dall’autorità giudiziaria. Per l’amor del cielo , io difendo sempre e comunque l’autonomia del magistrato , ma in questo caso era necessario fermarsi prima dell’irreparabile. Chiunque abbia dimestichezza con l’economia aziendale e il funzionamento dell’impresa sa che imporne la chiusura significa davvero mandarla a morte. Come si concilia il diritto alla salute con il diritto al lavoro ? Negli ultimi 15 anni a Taranto sono stati fatti un numero imprecisato di interventi su come sia possibile. E io penso che , da tutto questo, chi esce veramente sconfitta è la politica. Anche in queste ore c’è il festival dell’ipocrisia. Il diritto alla salute e il diritto al lavoro si conciliano semplicemente in un modo : garantendo il lavoro e facendo in modo che quel lavoro non produce morti. In concreto ? Sa quanti comizi sono stati fatti fuori dall’ Ilva, quasi di più di quelli davanti a Mirafiori. E molti di quei politici che erano lì ad urlare , quando hanno rivestito responsabilità di Governo sono diventati da ambientalisti a industrialisti. Dovevano pensare loro a garantire che le famiglie degli ammalati avessero la certezza che quei tumori non fossero stati causati dalla presenza dell’azienda. Delle due l’una : o tu obblighi le aziende a una trasformazione immediata con delle sanzioni sui tempi di realizzazione della conversione degli impianti , oppure devi avere il coraggio , mi permetto di dire gli attributi, per cambiare le norme. L’ilva ha fatto grandi passi in avanti. Ma se tu non cambi le norme sull’ambiente che sono quelle a cui si ispirano i magistrati, e poi chiedi all’imprenditore di convertire ma non fissi delle sanzioni in maniera netta, ecco che arriva il festival dell’ipocrisia della classe politica. Una cosa è fissare le sanzioni e accertare le responsabilità, un’altra è condannare a morte l’azienda . Io penso che questo non debba essere previsto dal Codice penale. Come se ne esce ? Siccome io credo sempre nella magistratura e dico sempre che quando un magistrato sbaglia, per fortuna , ce n’è un altro che controlla il lavoro di quello lì, è evidente che ora ce ne saranno altri a valutare, a partire dal riesame. Mi auguro che ci sarà un’interpretazione saggia del contesto, che si dividano le responsabilità penali afferenti alle singole persone dal patrimonio industriale che è dell’ intero paese. L’azienda però è stata chiusa. Il principio che deve valere e che l’industria non deve inquinare. Punto. E per questo sono necessari i controlli. Sarebbe opportuno rimettere in ordine i concetti e ripartire dalle cause e dalle responsabilità , valutando bene che nelle norme non ci sia più la condanna a morte per la azienda. Lo dico perché gli stessi magistrati non hanno la certezza inconfutabile dell’impatto delle emissioni. Solo un pazzo, infatti, non chiuderebbe un’azienda che inquina, ma qui stiamo parlando di un’altra cosa. Qui non è così. ( dal Messaggero pagina 8 del 28.07.2012 )

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