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30.04.12 - O si fa l’Europa (politica) o si muore (di debiti) ( DA TEMPI DEL 30.04.2012 )

30.04.2012
Il Documento di economia e finanza (Def) approvato settimana scorsa dal Parlamento è stato criticato dai partiti che sostengono la maggioranza per l’eccessivo accento sul capitolo “tasse”. Le critiche sul regime di alta pressione fiscale richiesto da un’Europa germanizzata sono arrivate anche da enti esterni al Parlamento come la Corte dei conti che, per bocca del suo presidente Luigi Giampaolino, ha espresso diverse perplessità. Francesco Boccia, deputato e coordinatore delle commissioni economiche alla Camera del Partito democratico, commenta per tempi.it i motivi di tali riserve. Onorevole Boccia, il 26 aprile il Parlamento ha approvato il Def, ma i partiti che sostengono il Governo, tra cui anche il suo, hanno espresso delle perplessità. Perché? Abbiamo riconosciuto in un momento d’emergenza che l’intervento del Governo Monti era la cosa meno complicata da fare: aumentare la tassazione e tagliare le spese. Purtroppo la spesa tagliata in questi primi mesi è in conto capitale e non corrente e la pressione fiscale è notevolmente aumentata, ma ripeto, era necessario per allontanare l’ipotesi di un crac. Ora però le tasse devono abbassarsi e per questo riteniamo che l’introito generato dallo spending review debba essere utilizzato per abbassare l’Irap (una tassa folle) e le tasse sul lavoro. Qualche punto in particolare su cui far leva, cosa propone? Il primo passo riguarda il tema degli incentivi alle imprese: così non hanno più senso. Abbiamo la necessità di far saltare i meccanismi che hanno portato gruppi organizzati a trattare con lo Stato e generare incentivi che finiscono dentro i conti economici di imprese selezionate. Per fare un esempio, si pensi agli incentivi per un comparto come l’energia. È folle che si debbano pagare nelle bollette gli investimenti che in realtà hanno già un ritorno economico senza gli aiuti dello Stato. Insistiamo affinché si commutino gli incentivi ad alcune aziende in un abbassamento dell’Irap e delle tasse sul lavoro per tutti. Nessun taglio sulla spesa pubblica? Teorizzo da tempo che bisogna prepensionare 10 mila alti dirigenti pubblici da rimpiazzare con altrettanti trenta-quarantenni che conoscono il mondo, le tecnologie. Occorre dare uno shock alla macchina burocratica, un pachiderma che si muove con grande lentezza. Si prenda come esempio la vicenda surreale dell’appalto per l’acquisto di nuove auto: si capisce come il dibattito politico è staccato dall’inerzia dell’amministrazione pubblica. Che ci sia un direttore generale che non si rende conto che, anche una cosa deliberata precedentemente, può essere fermata, dà il senso della condizione in cui è la nostra democrazia. Rispetto a quanto afferma, ci sono degli ampi margini di convergenza con il Pdl. Dobbiamo presagire un futuro di larghe intese per la politica del paese? Su alcuni temi c’è convergenza: i temi su cui stiamo tentando di sostenere il Governo. Come bisogna porsi nei confronti di una Germania che chiede austerità per tutti? La Germania devono accettare i nostri debiti e noi i loro. Perché lo scopo è l’unificazione politica europea. Siamo pronti ad avere, da qui a dieci anni, un premier tedesco come ci auguriamo che i tedeschi siano pronti ad accettare di avere per dieci anni un premier italiano. Se non iniziamo a ragionare a questo livello dobbiamo seriamente preoccuparci e dobbiamo seriamente domandarci dove stiamo andando. L’Europa non è solo mercato unico, lo era negli anni Cinquanta con la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, ma ora i tempi sono cambiati. Il Governo Monti concorda su questa linea? Monti è la garanzia migliore per seguire questo processo. Non deve avere nessuna sudditanza psicologica verso la Germania. Dobbiamo rivendicare con orgoglio che l’Italia insieme alla Francia e alla Germania è contribuente netto dell’Unione Europea e non possiamo accettare lezioni da nessuno perché stiamo facendo i nostri sacrifici. I tedeschi devono capire che non esporterebbero quello che esportano con il Marco. Allora diamo all’euro l’unico senso che è possibile dare: un’unificazione politica. ( DA TEMPI DEL 30.04.2012 )

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