Intervista rilasciata a Monica Guerzoni, pubblicata sul Corriere della Sera
ROMA Francesco Boccia, Pd, ex ministro degli Affari regionali nel Conte II, non è deluso dal primo Dpcm del nuovo governo: «E' giusto che Draghi continui sulla linea del rigore. Quando c`è una pandemia di questa portata, chi ricopre funzioni pubbliche non deve nascondere la verità ma anteporre la salute e la vita agli interessi economici».
La discontinuità invocata da Salvini può attendere? «Salvini è in campagna elettorale permanente e propone ricette magiche che non ci sono».
La ministra Gelmini, che ha preso il suo posto, sposta a destra l`asse del governo sulla pandemia? «No, la stella polare resta l`appello del presidente della Repubblica al governo di emergenza, che non avendo matrice politica non può avere alcun asse».
Renzi ha fatto un capolavoro, come rivendica, o ha portato la destra al governo? «II dato oggettivo è che ha portato la destra al governo del Paese, sia pure un governo di unità nazionale. E lo ha fatto tradendo gli elettori del Pd, perché lui e i parlamentari di Italia viva sono stati eletti da una comunità che non avrebbe mai consentito il ritorno della destra al governo. Renzi lo rimuove, ma è in Parlamento con i voti del Pd».
L'ha convinta la replica di Renzi alle accuse sul suo rapporto con Mohammed bin Salman, dopo la relazione della Cia sull'uccisione di Khashoggi? «La comunità del Pd, alla quale ognuno di noi risponde, avrebbe chiesto dimissioni di un proprio senatore o deputato che avesse intervistato a pagamento un despota sospettato di avere le mani macchiate di sangue».
Il governo Draghi è il governo dei migliori? «I giudizi li dà la storia e voi giornalisti come sempre non farete sconti. Sosteniamo il governo Draghi perché abbiamo a cuore il Paese».
Vi siete pentiti della linea «o Conte, o voto»? «No, io quel campo progressista lo inseguivo quando questa idea rappresentava solo il 4% del Pd e nelle assemblee prendevamo insulti. Figuriamoci quindi se non lo sostengo ora, dopo che Pd, Leu e M5S hanno dimostrato insieme di sapere governare il Paese durante la crisi pandemica. Perchè questo è successo ed è innegabile».
E' anche innegabile che Italia viva sia riuscita a far saltare l`alleanza tra Pd, M5S e Leu. L'obiettivo era quello, prova ne sia che i temi sollevati per innescare la crisi, dal Recovery al Mes, sono scomparsi dal dibattito. Il progetto di unire il riformismo che non si vergogna di avere radici a sinistra con le fratture sociali che attraversano il Paese è la sfida identitaria del PD».
Zingaretti non ha cambiato linea? «Il lavoro di Nicola per la costruzione di un ampio campo riformista e progressista è sotto gli occhi di tutti».
Per gli ex renziani come Nardella, Conte è il passato. «Per me non sono ex renziani, ma compagni di partito. Però chi dice che Conte è il passato non solo è ingeneroso, ma sbaglia. Significa non capire il sentimento popolare che c'è intorno all'esperienza umana e politica che abbiamo fatto. Basta farsi un giro nei nostri circoli e nei quartieri popolari per capirlo».
Lei lo vede federatore o leader del Movimento? «Deciderà Conte cosa fare. Penso che resti valore aggiunto di una coalizione di centrosinistra che oggi abbiamo il dovere di costruire».
Il Pd si è lasciato scippare dalla Lega il ruolo di azionista di maggioranza del governo Draghi? «Non ci possono essere azionisti di maggioranza in questo governo. Con la pandemia che ha cambiato la vita di tutti i nodi sono chiari, Recovery, piano di vaccinazione e, mi auguro, riforma fiscale. Ma c'è un altro nodo, di cui la Lega non parla mai, ed è come si garantisce il rafforzamento dei pilastri che sono ambiente, scuola e sanità pubblica».
Il Pd è ostaggio delle correnti, come accusa Decaro? «Il nodo non sono i tre ministri, che hanno lunga esperienza amministrativa e di governo, ma se le correnti contribuiscono o no al dibattito culturale. Quando non lo fanno più e si occupano solo della loro sopravvivenza, inizia la fine delle organizzazioni stesse. La crisi dell`Associazione nazionale magistrati è solo l`ultimo degli esempi».
Urge un congresso? «Ripartendo dal lavoro di Zingaretti abbiamo bisogno di diventare un partito nuovo, non un nuovo partito, come disse Togliatti nel '44. Oggi come allora è necessario por tare gli ultimi dalla protesta al governo. Lo spiega bene Luciano Canfora nel libro La Metamorfosi, che consiglio ai compagni, anche se non ci risparmia critiche. Serve il coraggio di ripartire dai valori fondanti del Pd».
Bonaccini riuscirà a conquistare il Nazareno? «Quando sarà il momento ci confronteremo senza ambiguità, ora è lunare la discussione sul congresso».