Intervista rilasciata a Monica Guerzoni, pubblicata sul Corriere della Sera
Il report settimanale del ministero della Salute sull'andamento del virus fa ben sperare il ministro delle Autonomie, Francesco Boccia: «Grazie agli italiani, è un risultato che ci fa essere orgogliosi del lavoro fatto tutti insieme con il lockdown».
La movida e la ressa sui mezzi pubblici non la preoccupano? «Non si deve abbassare la guardia su regole e comportamenti, perché la convivenza con il virus è iniziata solo da qualche giorno. Ma i dati dicono che l'Italia nella sua interezza è tutta a basso rischio, con delle condizioni di sensibilità».
La Lombardia? «Il trend nella regione è in calo, la sensibilità è molto alta e la resilienza delle strutture sanitarie territoriali più bassa. Ma ora c'è il caso della Valle d'Aosta».
È la sola regione dove l'indice di contagio RT è tornato sopra l'1%, eppure il presidente Testolin ha fretta di rivedere i turisti. «Calma e gesso con la caccia al turista. Tutti vogliamo che ripartano le attività economiche. Ma non si può essere irresponsabili e dire "venite qui, chiunque voi siate e qualunque cosa facciate". Serve tanta prudenza, non facciamo finta che siamo tornati alla normalità».
Vale anche per la Liguria che spinge per ripristinare la piena circolazione? «Non bisogna farsi prendere la mano buttando via i sacrifici di questi tre mesi, costati centinaia di miliardi. Nessuno può pensare di prediligere il marketing della sua regione alla sicurezza. Ricorda l'Abetone che invitava gli studenti ad andare a sciare? Subito dopo esplosero gli ospedali. Ecco, con prudenza e rigorosa prevenzione eviteremo di indignarci sempre il giorno dopo».
È un no al liberi tutti?
«I dati sono migliorati, però io non mi illudo. Solo a fine giugno capiremo come proseguirà la convivenza con il Covid».
State lavorando per riaprire i confini di tutte le Regioni il 3 giugno? E con quale criterio? «L'idea sarebbe aprire tutto il Paese, ma prima di decidere vedremo i dati del monitoraggio. Sarà possibile se tutte le Regioni presenteranno un basso rischio, altrimenti sarà inevitabile ipotizzare riaperture graduali. Ci sono regioni a basso rischio come il Lazio, che hanno reti sanitarie riorganizzate e in grado di reggere, avendo raddoppiato le terapie intensive. Mentre altre devono curare ancora delle ferite e ci vorrà un po' più di tempo».
La Lombardia resterà tagliata fuori? «Ho apprezzato la cautela di Fontana. Il binomio autonomia e responsabilità, della seconda fase che abbiamo costruito insieme, sta dimostrando che non ci sono fughe in avanti».
Servirà un passaporto sanitario? «Una sciocchezza, se esistesse lo avremmo tutti in tasca».
I governatori possono fermare chi viene da zone a rischio? «No, è il governo a stabilire come avverranno i trasferimenti tra regioni, sulla base di una regola uguale per tutti e in situazioni di indice epidemico non ad alto rischio. Non si abolisce l'unità nazionale».
Zaia e De Luca protestano per le zone rosse del Veneto o dell'Irpinia rimaste fuori dal decreto Rilancio. Lo cambierete? «Gualtieri ha fatto un'apertura e il Parlamento valuterà. Ma non possiamo paragonare territori che hanno vissuto una ecatombe, che ha visto quasi 16 mila morti dolorosamente concentrati in alcune province della Lombardia come Bergamo, Brescia, Crema, Cremona e Lodi, con altri che hanno chiuso qualche giorno prima che l'Italia diventasse zona rossa».
Lei condivide l'attacco del M5S alla sanità lombarda? «Ogni deputato ha il diritto di esprimere in aula critiche e opinioni e non ho ascoltato da Ricciardi offese personali. Detto questo, non è ancora il momento dei bilanci. La Lombardia è stata l'area del mondo forse più duramente colpita, i suoi medici e infermieri sono stati eroici e gli amministratori hanno cercato di fare il massimo. Ma penso anche che questa tragedia può insegnare molto sui modelli sanitari e sulla loro gestione a livello territoriale».
Ora che Conte ha aperto a Renzi, si farà il rimpasto per far entrare nel governo Boschi o altri esponenti di Iv? «È stato lo stesso Renzi a dichiarare di aver agito esclusivamente per sollecitare il governo su certi temi, negando dí aver chiesto qualsiasi contropartita. Perché non dovremmo credergli? La politica ai tempi del Covid-19 è azione e responsabilità, non un mercato».