RASSEGNA STAMPA

Sul conflitto di interessi Casaleggio come Berlusconi

14.05.2019

Articolo pubblicato su Huffington Post

La legge sul conflitto di interessi nella società digitale presentata parla al mondo di oggi e di domani. Le proposte giunte in Parlamento dal M5S parlano di una società novecentesca lontana dalle complessità di oggi.

Dev’essere chiaro a tutti che nel 2019 non si deve poter selezionare un terzo del Parlamento e più di mezzo governo attraverso attività di profilazione, analisi del sentiment, analisi comportamentale, indirettamente anche attraverso il “nudging” con attività fatte spesso dagli stessi candidati e poi dire noi non c’entriamo nulla, se si hanno a cuore le regole democratiche di un Paese.

Oggi nel pieno della più grande rivoluzione tecnologica dell’era moderna, il digitale ha profondamente modificato le nostre vite e gli stili di vita, oltre ad aver cambiato le basi del funzionamento del capitalismo globale. E il Governo che fa? Invece di regolare i fenomeni, davanti all’utilizzo della rete (come confessato dallo stesso fondatore di Facebook, Zuckerberg) per alimentare conflitti sociali, alterando il confronto democratico, parla d’altro.

Sulle regole democratiche condizionate dal digitale non si possono fare norme novecentesche, che guardano ad una società superata dal tempo.

Oggi il Pd ha presentato due norme, che sono due facce della stessa medaglia: quella tradizionale (prima firma Fiano), che regola i rapporti tra aziende e istituzioni, e quella che regola la società al tempo del digitale (prima firma Boccia). Se ci sono società private che operano su piattaforme web e attraverso la profilazione dei dati, riescono ad orientare il sentimento popolare e a influenzare le scelte e gli orientamenti politici del Parlamento e del Governo, allora è dovere di tutta la politica fissare delle regole adeguate. Così come accade attraverso il controllo di mezzi d’informazione tradizionale (giornali e TV). La sensazione dopo la giornata di oggi è che la maggioranza Lega-M5S non sia tanto interessata al “conflitto di interessi” quanto “all’interesse per il conflitto”.

La proposta di legge del Pd non è contro qualcuno, non è certamente contro Casaleggio. Ma impone chiarezza. Oggi il conflitto di interessi non riguarda soltanto l’editoria se gestita o condizionata da chi ha un ruolo politico, ma vale sia per Casaleggio che per tutte quelle società private che usano piattaforme online per influenzare le scelte politiche, attraverso l’analisi e l’incidenza sui comportamenti degli stessi elettori.

La norma presentata oggi dice una cosa molta semplice: se a fare analisi del sentiment degli utenti e profilazione dei dati è un partito politico, allora la si fa in maniera trasparente con piattaforme open source, con algoritmi aperti e leggibili da tutti e controllabili, in qualsiasi momento, da un’autorità terza (in questo momento la piattaforma Rousseau non risponde a nessun requisito tra questi).

Questa è la realtà che piaccia o no a Di Maio. È troppo semplice per il M5S riportare in piazza il conflitto di interessi fingendo che l’Italia sia negli anni ottanta, utilizzandolo forse come merce di scambio per le loro trattative di governo con la Lega. Il M5S, a partire dal vicepremier Di Maio, deve avere il coraggio di normare il conflitto di interessi nella società di oggi, che riguarda, rete e piattaforme, TV, giornali, banche, grandi gruppi economici e business condizionati dall’attore pubblico e che condizionano a loro volta la partecipazione democratica.

La proposta del PD è stata depositata, vedremo se il M5S avrà il coraggio di approvarla.

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