Gentile direttore,
la Legge di Bilancio 2018-2020 sarà l'ultima di questa legislatura e la seconda dopo la riforma del bilancio 2016 che ha pensionato la vecchia legge di Stabilità. La legislatura precedente era finita in piena recessione nel 2012 con l'Italia a -2,8 di Pil e l'area Euro a -0,9. Al termine della legislatura l'Italia chiude oltre l'1% con l' area Euro intorno al 2. Ci siamo tirati su insieme, a fatica, ma insieme.
Non sempre con politiche di bilancio Ue coerenti, ma certamente con una politica monetaria efficace che ha fatto da scudo nei momenti più tempestosi. Siamo fuori dalla crisi ma abbiamo il dovere di agganciare la crescita europea al 2%. La Riforma, quella del Bilancio, approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento esalta le misure macroeconomiche, vieta interventi microsettoriali, valorizza il Bes (indicatore di benessere equo sostenibile) e vieta nuove clausole di salvaguardia gestendo la fine delle vecchie. Seguiamo questa rotta e non sbaglieremo strada. Auspico una manovra di ampio respiro con pochi articoli ma capace di incidere sui principali comparti dell' economia. Fisco e lavoro, scuola ricerca e innovazione tecnologica per le imprese, sicurezza e investimenti pubblici. Sono questi i grandi temi su cui ci si può dividere sulle terapie ma non certamente sulla priorità. Attraverso queste leve si può incidere sullo sviluppo, si può intervenire sulle povertà, si possono cambiare i paradigmi delle politiche giovanili. Ma senza slogan, senza scorciatoie. Chi pensa che la flat tax sia una soluzione, fa una scelta di campo. Di destra, ma di campo.
La flat tax consente a chi ha di più di pagare di meno. Noi invece abbiamo il dovere di far pagare meno a chi ha di meno e a chi crea lavoro. Abbiamo il dovere di abbassare le tasse sul lavoro seguendo la scia tracciata in questi anni, dando però un'anima alle politiche fiscali; abbassare le tasse a chi le paga (lavoratori dipendenti, autonomi e professionisti corretti), stangando chi le evade sistematicamente dalle multinazionali del web passando per i soliti furbetti dell' evasione. La leva fiscale va utilizzata come straordinario strumento redistributivo.
Su questo sinistra e destra la penseranno sempre in maniera alternativa; stesso discorso vale per le differenze tra i riformisti e i populisti che passano con disinvoltura dalla cancellazione dell'Euro, allo stipendio per tutti, dalla flat tax alle privatizzazioni di fine legislatura. Le ribadisco a questo proposito che fare programmi di privatizzazioni a fine legislatura è sbagliato oltre che scorretto nei confronti di chi sarà chiamato dagli italiani con le prossime elezioni politiche a guidare il Paese per i successivi cinque anni. E francamente ipotizzare oggi la vendita di alcuni beni in fretta e furia significa svenderli.
Ma veniamo al cuore della possibile manovra: la decontribuzione sul lavoro. Il dibattito estivo ha portato sui giornali la "priorità giovani". Non c' è italiano che non la consideri tale. Ma se è tale allora dobbiamo impegnarci tutti nell' approvare misure radicali di sostegno dalla nascita dei bambini alla maturità, passando per gli anni dell' università. Non è con misure spot di riduzione delle tasse sul lavoro per uno o due anni che si spinge l'occupazione giovanile. La misura di cui si discute (3.250 euro l'anno di minori contributi a lavoratore) non è nuova, esiste già e non ha inciso.
Non si capisce perché dovrebbe incidere ora riservandola solo agli italiani fino a 29 anni. L'unica misura che ha funzionato in questa legislatura è quella integrale del 2015 varata dal Governo Renzi per oltre 8mila euro l'anno di decontribuzione a lavoratore. Vale da 4 a 4,5mld l'anno circa. È tanto, ma è la misura che cambia il volto all' occupazione se la rendiamo strutturale. Avere a cuore i giovani significa intervenire sulle famiglie in cui vivono aiutando le mamme, coprendo gli asili nido per tutti, garantendo finanziariamente così come ha annunciato la ministra Fedeli l'Erasmus per tutti coloro che ne fanno richiesta nelle scuole secondarie rendendole scuole dell' obbligo fino ai 18 anni, significa accompagnare i giovani in università con forme di sostegno finanziario che arrivano fino al giorno dell' acquisto della prima casa con mutui garantiti e senza interessi. Lo Stato serve in quei passaggi per i giovani non dopo quando è tardi; serve prima, perché se li formiamo adeguatamente, se parlano più lingue, se li accompagniamo nelle loro esperienze e nella loro voglia di metter su famiglia, poi saranno il turbo della società.
Tutto questo senza un programma di investimenti pubblici moderno può non bastare. Serve pertanto aprire a Bruxelles un negoziato serio sugli investimenti pubblici fuori dai vincoli attuali di bilancio. Servono 100 miliardi di investimenti pubblici aggiuntivi rispetto a quelli programmati per la prossima legislatura. Venti miliardi in più all' anno. Reti, porti, aeroporti, adeguamenti sismici, periferie e manutenzioni stradali non sono più rinviabili.
Raddoppiare le risorse per la ricerca in università, potenziare il sostegno all'innovazione tecnologica attraverso le misure che dimostrano di funzionare di Industria 4.0, continuare le politiche di potenziamento della sicurezza interna sono impegni che con il disinnesco delle vecchie clausole di salvaguardia ci porta a una Legge di Bilancio non inferiore ai 25 miliardi "lordi" (compresa l'eventuale nuova flessibilità). Non ci sono tutti. Alla politica il compito di dimostrare come si redistribuisce e per far cosa. Il Pd ha già dimostrato di saperlo fare e di volerlo fare; per questo abbiamo il dovere di chiudere la legislatura dopo cinque anni da quel terribile -2,8% in cui eravamo di questi tempi nel 2012 con una manovra snella, incisiva e trasparente che faccia della decontribuzione sul lavoro il vessillo di un modo nuovo di concepire l'economia al servizio di una società sempre più digitale che cambia rapidamente.