Intervista rilasciata a Claudia Cervini, pubblicata su QN
CRITICA il piano allo studio per mettere in sicurezza il Monte dei Paschi di Siena che prevede un intervento pubblico solo in extremis attraverso una garanzia di ultima istanza. Francesco Boccia, presidente della Commissione Bilancio della Camera, lo ritiene un piano che rispecchia il vecchio modello: «Se tutto va bene e i privati interverranno con i capitali necessari tiriamo un sospiro di sollievo, se le cose vanno male, invece, paga Pantalone, cioè lo Stato, ma senza aver gestito alcunché». Il dirigente Pd addita poi il modo in cui la politica ha gestito le crisi bancarie e la mancanza di tempismo nell' intervenire sulle sofferenze.
Ieri il ministro Padoan ha ribadito che non c'è un problema di sistema per le banche italiane e che non sarà necessario ricorrere al bail-in (il salvataggio dall' interno). È davvero così? «Le banche sono aziende e alcune hanno vissuto la crisi peggio di altre. L' ammontare delle sofferenze, però, passato dai 40 miliardi del 2007 ai 200 miliardi (lordi ndr) di oggi sono un problema generalizzato. E se non si governa bene la crisi di alcune banche, questa crisi si riversa su tutto il sistema»
Si riferisce alla crisi delle quattro banche messe in sicurezza dal decreto salva-banche di novembre? «Le banche hanno una funzione sociale: tutelare il risparmio dei clienti. Bene, è stata minata la fiducia dei risparmiatori, era necessario rimborsare integralmente le obbligazioni subordinate».
Cosa non la convince del piano per mettere in sicurezza il Monte? «Non ha senso parlare di soluzione di mercato e fare intervenire lo Stato solo in ultima istanza, a partita chiusa, nel caso in cui manchino i capitali. Se lo Stato deve immettere risorse allora che gestisca l' intervento sin dall' inizio».
Si spieghi. «Cassa Depositi e Prestiti potrebbe entrare al 40-45% in Atlante (o nel fondo preposto). Fondo che dovrebbe accogliere i capitali, non solo di banche italiane, ma anche di grandi banche internazionali. In questo modo si potrebbe intervenire con soldi veri: diversi miliardi».
L'Ue ha però osteggiato un intervento pubblico, c'è una trattativa impegnativa in corso e se non è stato semplice capitalizzare Atlante, non lo sarà nemmeno ricapitalizzarlo. «Io non sono convinto che l'Ue non sia d' accordo».
È necessario negoziare con maggiore credibilità? «Ecco. Diciamo che in passato è stato applicato il ritornello dei 'vorrei ma non posso'. I ministri dell' Economia, Pier Carlo Padoan compreso, sono andati periodicamente su e giù per l'Europa riportando risultati modesti».
C'è chi lamenta che sia mancata anche una Bad bank di sistema, magari da attuare subito dopo gli esami Bce. «È mancato il tempismo. Era necessario prima ripulire i bilanci dalle sofferenze, rimettere in carreggiata le banche e successivamente fare la riforma delle popolari. In questo modo sarebbero arrivati anche capitali internazionali».
Dalla Brexit può arrivare qualche opportunità per Milano? Si può sperare nel portare nel capoluogo l'Eba? «Milano deve giocarsi la partita, ma l'Eba non basta. Bisogna avere il coraggio di applicare una tassazione più bassa per i non residenti che vengono in Italia a fare business come accade in Irlanda e in Lussemburgo».