Intervista rilasciata a Fabio Rossi, pubblicata su Il Messaggero
La situazione di oggi «nasce dalle scelte sbagliate prese nel 2008» e il debito del Campidoglio «va assolutamente rinegoziato, come è stato fatto per gli altri Comuni e per le Regioni». Francesco Boccia, docente universitario di Economia e presidente della commissione Bilancio della Camera, considera «inutili» le polemiche sulle dimensioni del debito.
Dopo otto anni dalla creazione della gestione commissariale, il debito pregresso è ancora ingente. Come se lo spiega?
«Le scelte fatte nel 2008 sono state sbagliate. Quando sono stato commissario liquidatore a Taranto, in una situazione in cui i lampioni restavano spenti e non si seppellivano nemmeno i morti, con il decreto fatto dal presidente Prodi aprimmo un bando con soldi destinati ai Comuni in dissesto. Demmo ai creditori 60 giorni di tempo: chi volesse il 50 per cento lo avrebbe ottenuto subito. Con 150 milioni pagai quasi 450 milioni di debiti».
Cosa si è sbagliato a Roma? «La scelta della gestione del debito separata da quella ordinaria è rimasta scollegata dall' evoluzione che c' è stata nella normativa italiana e comunitaria. Il debito di Roma costa dal 4,2 al 5,6 per cento, in una fase storica in cui i soldi costano zero».
Resta il problema di un debito cresciuto a dismisura.
«Ho fatto un appello a tutti i gruppi parlamentari: confrontiamoci pure sulla gestione di questo debito, ma parlare delle sue dimensioni e di quando è stato creato è una sciocchezza, anche perché bisognerebbe dire quali investimenti sono stati fatti e quali servizi erogati in quel determinato periodo. La capacità di indebitamento di una città all'epoca era al 25 per cento delle entrare dei primi tre titoli di bilancio, oggi si è più che dimezzata. Roma ha una necessità di erogazione dei servizi che non ha nessuna città in Italia, con il più alto numero di eventi e di turisti».
Sarebbe stato meglio dichiarare il dissesto, nel 2008?
«Roma in dissesto non ci deve mai andare, perché è la Capitale d' Italia. Nel 2008 governo e giunta di centrodestra decisero di dividere la gestione del debito dalla vita quotidiana della città. A mio avviso fu sicuramente un errore: se decidi che la situazione è di emergenza fai un decreto ad hoc, mettendo i soldi sul tavolo».
Intanto il 43 per cento dei creditori è addirittura ignoto.
«Questo dà il senso del fallimento di quella scelta: a Roma non è successo quello che è stato fatto nelle altre città italiane, ossia una pulizia effettiva dei residui. Qui ci sono ancora debiti risalenti agli espropri fatti per le Olimpiadi del '60: è chiaro che quei creditori non ci sono più».
Quale soluzione propone?
«Un maxi-mutuo per la città di Roma che non vada oltre il 2 per cento di tasso d'interesse, ovviamente pretendendo chiarezza dagli amministratori».
È pensabile, in questo contesto, immaginare una riduzione dell' addizionale Irpef, che a Roma è la più alta d'Italia?
«Se si risparmia una parte di quelle risorse e si abbatte il costo del debito del 50 per cento, c'è margine per risparmiare 130-140 milioni, che possono essere tradotti in una riduzione delle imposte o in altri investimenti».