RASSEGNA STAMPA

Basta diagnosi per il Sud, adesso servono ricette e cure

13.01.2016

Intervista rilasciata ad Adriana Logroscino pubblicata sul Corriere del Mezzogiorno

È davvero questo il momento giusto per un rilancio del Sud?
Il vento è favorevole e bisogna saperlo interpretare? Sul punto hanno riflettuto in tanti, da ultimi, su queste colonne, Franco Cassano e Raffaele Fitto. Per Francesco Boccia, presidente PD della commissione Bilancio della Camera, un punto di partenza è fondamentale: «Oggi c' è un dibattito aperto, ed è positivo. A patto che ci confrontiamo sulle ricette, non sulle diagnosi che spesso si assomigliano».

Onorevole Boccia, Cassano dice: la spinta venga da Sud.
«Ne sono sempre stato convinto anche io. Ma a crederci deve essere un'intera classe dirigente. Per quindici anni almeno il Sud non è stato considerato strategico dai governi. Ora, il Sud o ce l'hai nel sangue e nell' anima o non ce l'hai. Il che non significa che bisogna esserci nati per occuparsene con lungimiranza. Da Sud bisogna dire con chiarezza che alla retorica dei costi standard si risponde con la politica dei fabbisogni: cosa serve e per cosa. Che significa assicurare investimenti pubblici per equilibrare gli indicatori di sviluppo: ferrovie, fibra ultraveloce, porti, aeroporti. Il Sud è isolato perché per 20 anni non sono stati fatti investimenti adeguati. E quel ritardo si sente».

Il governo Renzi è in carica da due anni: è disattento?
«Il governo Renzi è consapevole della portata storica della sfida che abbiamo davanti. E il Pd, che del governo è azionista fondamentale, sa quali sono le responsabilità politiche non eludibili. I passi mossi con l'ultima legge di stabilità sono un' intelligente ripartenza su lavoro, imprese e emergenze. Ma, appunto, è solo l' inizio di una nuova storia. Vanno messi con chiarezza alcuni capisaldi davanti al dibattito politico: reti di trasporto, investimenti pubblici al 40 per cento, oltre a quelli coperti da fondi europei, reti tecnologiche e università. Il Sud ha tutto per camminare sulle sue gambe. Bisogna prendersi quello in cui si crede».

"C' è una montagna di soldi da spendere, non è possibile se ne occupi qualche sottosegretario": l'ha detto Fitto. Che ne è dell'ipotesi di un ministro per il Sud? Servirebbe?
«Le politiche se ci sono si realizzano. Se non ci sono non servono dipartimenti e ministeri. Un coordinamento politico unico ci vorrebbe. Potrebbe assumersene la responsabilità il presidente del Consiglio o un suo delegato, anche un consigliere. Ma con una forza politica massima perché altrimenti non incidi su nulla».

Un patto tra gli eletti meridionali, come suggerito da Fitto, potrebbe esercitare un'utile pressione?
«I patti hanno senso se durano a lungo. Se alla prima tornata elettorale ognuno torna a fare la parte di chi deve criticare l'altro per raccattare qualche voto, meglio evitare le ipocrisie. Conosco bene Raffaele Fitto e penso ci creda. Sarebbe utile ribadire alcuni punti fermi sui quali la responsabilità è comune di governo e opposizione. Sarebbe un modello nuovo per un paese che ha sempre avuto sul Sud i giustificazionisti a prescindere».

Le Regioni in questo quadro sono leva di rinascita o centri di spreco?
«Le Regioni devono fare autocritica. Il fallimento sull' impatto economico dei fondi Ue è principalmente una loro responsabilità. Una classe politica lungimirante si chiede dove ha sbagliato e perché. Vedo invece presidenti che pretendono la frammentazione di interventi con fondi europei per accontentare tutti».

Anche sul Sud, Emiliano e Renzi appaiono lontanissimi. Questa guerra infinita sta danneggiando la Puglia?
«Non so se appaiano lontani o vicini. Ma i problemi da risolvere non ammettono personalismi. Consiglio a entrambi di avvicinarsi l' uno all' altro. La fase dei proclami è finita per tutti. Il Sud e la Puglia devono avere un'idea di sviluppo chiara e il governo deve dire se ci sta o no. Le condizioni per vincere l' enorme sfida che abbiamo di fronte, ci sono tutte».

Che pensa del primo scorcio di amministrazione regionale? Le pare che, come sostiene chi lo critica, Emiliano fatichi a ingranare un po' troppo preso da una scalata al PD?
«Emiliano da amministratore di Bari è stato più un maratoneta che un centometrista. Anche nel 2005 gli arrivarono critiche di quel tipo. La sua amministrazione ha però cambiato profondamente la città. Oggi guida una Regione: un lavoro che richiede pensiero lungo e classe dirigente all' altezza. Lo stesso vale per il governo. Il comune denominatore resta il Pd. Renzi e Emiliano si assomigliano , devono solo fare quel che sanno fare: amministrare».

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