da Huffpost.it
La rottamazione è stata indubbiamente la principale suggestione di Renzi nella rappresentazione della sua idea di cambiamento: del nuovo al posto del vecchio, del moderno al posto dell'antico. La rottamazione utilizzata come clava sulle persone è poi passata, nella sua rappresentazione esterna, alla persecuzione annunciata dei comportamenti sbagliati, delle incrostazioni, delle riunioni polverose.
Da qui il lungo elenco dei rottamandi: compagni di partito con i capelli bianchi, burocrati senza volto ma simbolo dell'inefficienza della pa, euroburocrati (sempre senza volto) ma sempre simbolo dell'inefficienza europea, e poi ancora magistrati, insegnanti, sindacati e patronati, corpi intermedi di varia natura.
Rottamazione dei comportamenti e delle persone. Il punto è proprio questo, quando si comunica scomunicando, quando si definiscono i confini tra i comportamenti giusti e quelli sbagliati e si definisce la griglia tra le persone da rottamare e i rottamatori, il rischio che il messaggio politico si trasformi in ideologia è inevitabile.
Certo, stiamo parlando di un'ideologia leggera, al passo con i tempi della sostanza contenuta in un tweet, ma per il tempo veloce e consumato in un attimo che viviamo, anche un'ideologia "leggera" può diventare pensiero politico.
Ieri non credo che il presidente Renzi abbia parlato, come qualcuno ha detto, di imprenditori eroi in contrapposizione agli altri, veri eroi della platea sociale: gli operai in cassa integrazione, i quarantenni che non hanno mai visto un lavoro e che forse non lo vedranno mai, i cinquantenni che ne sono usciti e sono in un limbo di dolore e paura.
Credo che lui, in buona fede, abbia voluto dare merito a coloro che tengono su un'azienda in momenti molto difficili come questi. Ma proprio in momenti come questi le parole sono pietre e l'equilibrio non vuol dire diplomazia, ma dare il giusto senso alle cose e il rispetto a coloro che in questo momento se lo meritano di più. Da quello che vedo, oggi lo sono i milioni di padri e madri di famiglia che vanno avanti con mille euro al mese e i dieci milioni di italiani tra giovani disoccupati, precari, cassaintegrati e pensionati con la minima, oltre certamente a chi si sveglia alle sei del mattino e apre la saracinesca di un'attività che non sa come farà per farla restare aperta.
Lo sforzo del presidente Renzi di allargare la base elettorale del partito è apprezzabile e le ultime elezioni europee dimostrano quanto la sua strategia sia stata vincente, soprattutto nel breve periodo. Mi sorge però un dubbio, proprio quando penso a un parallelo con la vita delle imprese evocate ieri. Quando un'azienda guidata solo dal fatturato allarga troppo la sua capacità di produzione e commercializza di tutto, tende a dimenticare il suo core business e a non occuparsene più adeguatamente. In quei casi, la storia insegna che c'è la matematica certezza di perdere sia i nuovi clienti che quelli vecchi.
Io non dico di aspettare lì che passi l'acqua del fiume, ma non possiamo, non dobbiamo dimenticare il nostro impegno di ripartire nelle politiche pubbliche dalla centralità della persona. Per restare alla metafora dell'impresa e quindi al core business (brutta parola ma al tempo del tweet facile, mi concedo qualche sgradevole semplificazione), significa sostenere politiche pubbliche in grado di interpretare un mondo diverso che produce valore con fattori dell'economia completamente cambiati: dalla terra diventata economia digitale, al capitale trasformatosi in flussi finanziari senza confini, ai lavori declinati mai come in questo tempo al plurale. Per queste ragioni, se si segue il nostro cuore e la nostra anima di partito riformista non si può non ripartire dalla persona.
Il mio timore da mesi è proprio questo. La semplice constatazione ai tempi dell'Ulivo che la nostra idea di società partiva dalla centralità della persona e si rafforzava con la convinzione che mercato e capitalismo fossero sempre e comunque riformabili, sembra sostituita se non cancellata dalla rottamazione. Insomma se la rottamazione si è trasformata in ideologia, allora le polemiche, le incomprensioni, gli incidenti verbali non sono casuali, ma inevitabili e forse anche necessari. Aspetti che solo la politica può affrontare, con le regole più antiche e per fortuna non ancora passate di moda, quelle democratiche del confronto.
Ho il timore e lo dico per il bene del partito e non per il mio personale, giacché ognuno di noi va dove poi la vita in un certo senso lo porta da sola. Stiamo viaggiando a tappe forzate verso un disorientamento del nostro cuore e della nostra anima che non ci porterà da nessuna parte.
Vogliamo andare a conquistare il mondo? Va bene, ma la bussola del del partito della sinistra italiana, almeno quella, va sincronizzata con quella di coloro che vogliono, comunque, seguirlo per rispondere ai bisogni degli ultimi, non dei primi. E la bussola, solo con la rottamazione non funziona e non indica alcuna strada nuova.