ROMA. La Legge di stabilità, così com’è, non va. “I meccanismi di copertura non possono essere la sottrazione di risorse per il Sud, perché questa cosa mi fa incazzare non poco”. Francesco Boccia(Pd), presidente della commissione Bilancio della Camera, parla fuori dai denti. È stato lui ad accorgersi di quella norma dell’articolo 12, relativo al finanziamento degli sgravi contributivi per i nuovi assunti del periodo 2015-18, che attinge al Piano di coesione azione (Pac) destinato al Mezzogiorno:4 miliardi, in tutto, con cui si coprono le nuove assunzioni. “Io mi auguro che la stragrande maggioranza siano lavoratori del Sud, ma i dati ci dicono che al 70-80% sono al Nord”.
Ha avuto qualche spiegazione dal governo?
“Stiamo completando le audizioni. È evidente che questi 4 miliardi sono un problema. L’unico che non lo ha ancora capito è il sottosegretario Delrio che fa dichiarazioni francamente incomprensibili...”.
Di queste coperture si è accorto leggendo il testo o il governo aveva anticipato qualcosa?
“No, il governo non l’aveva anticipato, è emerso quando sono arrivate le tabelle. Il problema è che stiamo coprendo con questa manovra - che io difendo perché è coraggiosa - 3 miliardi per il triennio 2015-17, e 500milioni per il 2018, con il Pac ideato da Barca che ammonta a 12 miliardi:soldi di investimenti per le Regioni del Sud. Di quei 12 miliardi, 3,5 saranno destinati alla decontribuzione per i nuovi assunti. Questa roba che tocca tutta Italia sarà finanziata con quei fondi. A questo si aggiungono i 500 milioni dati a Katainen come ultimo accordo dopo la lettera di Bruxelles che ha chiesto una correzione di 4,5 miliardi: di questi, 3,3 miliardi arrivano dall’azzeramento di un fondo che doveva servire alla riduzione fiscale, 730 milioni sono risorse che, secondo il governo, sarebbero arrivate dall’aumento degli introiti del gettito Iva. Le uniche risorse di cassa vere sono 500 milioni tolti sempre al Pac”.
Tutto questo non ricorda la finanza creativa di Tremonti che ora rischiamo di ritrovarci con un governo di centrosinistra?
“È quello che voglio scongiurare. Penso che questa manovra abbia senso se mantiene forti i pilastri di riduzione delle tasse sul lavoro e le imprese - mi riferisco all’Irap - ma i meccanismi di copertura non possono essere aumenti di altre tasse - per esempio sono contrario all’aumento sui fondi pensione - né può essere la sottrazione di risorse al Sud”.
C’è secondo lei la possibilità di prendere le coperture da qualche altra parte?
“Le confesso che non lo so, perché la discussione è appena iniziata. Saranno giorni intensi. Tra quindici giorni riuscirò a darle una risposta”.
Complessivamente che giudizio dà su questa manovra? È espansiva, come la decanta Renzi, o recessiva? Oltretutto, l’impatto sulla crescita, come lei aveva segnalato nei giorni scorsi e l’Istat ha confermato l’altro ieri, sarà molto modesto.
“È una manovra che ha alcune buone intenzioni che vanno difese, ma non è così espansiva. Io dico che bisogna continuare sulla strada della riduzione delle imposte e del taglio della spesa. Il taglio ipotizzato è ancora garantito da aumenti Iva che rischiano di essere pericolosi”.
La famigerate clausole di salvaguardia di cui ha parlato Pisauro, paventando per il 2016 un aumento di tasse da 16 miliardi.
“È quello che bisogna scongiurare. Conviene lavorare sui punti sollevati da Corte dei conti, Istat e Bankitalia, e mettere a posto le cose uscite male dal Consiglio dei ministri: la tassazione sul Tfr che è troppo alta, come quella sui fondi pensione. Se su questi punti riusciamo a mettere le mani, penso che l’impegno di Renzi a cambiare il Paese debba essere sostenuto”.
Ecco, ma deve esserci da parte del governo una disponibilità a collaborare. Cosa che invece sul Jobs Act non si sta verificando: Renzi va avanti come un treno a costo di mettere la fiducia.
“Io sono molto critico per una questione banalissima: non penso che le riforme si possano fare senza soldi. E purtroppo la delega sul lavoro è a saldo zero sugli ammortizzatori sociali. Se non ci metti più soldi e tocchi solo le modalità di uscita, con l’articolo 18, stai solo togliendo dei diritti, e per questa ragione io ho votato contro in direzione Pd. Poi, ho anche detto che mi rimetto al volere della maggioranza”.
Ma se il governo mette la fiducia?
“Non voterei se non ci fosse nel testo della Camera nemmeno la scelta della direzione, con la mediazione sull’articolo 18 che vale per i licenziamenti disciplinari. Questo metterebbe in difficoltà non solo me, come elettore, ma il partito stesso, perché se si fa una direzione si arriva ad una votazione difficile, e tu, segretario, quel deliberato nemmeno lo fai entrare nel testo della Camera, significa che non ha importanza, che lo ignori”.
E se quel deliberato finisse in un ordine del giorno?
“Non so che farmene dell’ordine del giorno”.