Intervista da Il Tempo
"Il governo non rischia ma non possiamo cambiare pelle".
“Sul Jobs Act si rischia di creare una frattura insanabile all`interno del nostro mondo”.
Francesco Boccia, deputato Pd di rito lettiano, non usa perifrasi per sottolineare come
la direzione nazionale di oggi sia uno snodo cruciale per il futuro del governo e del Pd.
Onorevole Boccia, cosa accadrà oggi?
“Quel che succede in un partito in cui si discute. Mi aspetto una discussione seria su un
tema dirimente, cioè la linea del governo sulle politiche economiche. Ogni elettore democratico ci chiede di dirgli se siamo in grado con i fatti e non con gli slogan di interpretare il mondo che è cambiato e un mercato del lavoro che non si ritrova più nello Statuto dei lavoratori. Di cosa discutiamo, della rimozione di un totem o della costruzione di nuovi diritti universali che vanno garantiti a ogni tipo di lavoratore? Purtroppo il Jobs Act non è questo, è una delega a saldo zero, perché non c`è un euro in più. Si punta solo a cancellare quel che resta del`articolo 18 già riscritto dalla Fornero in
cambio di nulla. Noi invece proponiamo il modello tedesco, con, ad esempio, quel reddito
di cittadinanza che il Jobs Act non prevede”.
In questa battaglia non è da solo.
“No. Ci sono Fassina, Civati, Bersani, Cuperlo, Chiti”.
Fantastico: Boccia che la pensa come Fassina. Impronosticabile. Però siete entrambi bocconiani...
“Con Stefano c`è sempre stata una dialettica corretta. Entrambi siamo stati eletti con le primarie”.
Insomma, il Pd sta fondendo le culture dalle quali è nato per diventare un vero partito socialdemocratico?
“É finalmente nato un Pd figlio delle sue culture politiche”.
Una missione di cui va dato merito a Renzi in qualche modo...
“Il processo era in corso ed è stato accelerato da una guida molto personalistica tendente a destra”.
A destra?
“Dipende da che tipo di società vogliamo”. Sindacati un pezzo importante di mondo finanziario e imprenditoriale non condivide lo stile di vita del paese”
Invece Renzi e la Serracchiani rottamano anche i livelli intermedi della Chiesa.
“Monsignor Galantino non parla a caso”.
E Ferruccio de Bortoli parla a titolo personale?
“Non credo proprio”.
Torniamo al Jobs Act. Ncd reputa irricevibili i vostri emendamenti.
“Sacconi fa il suo mestiere. Il governo non andrà a casa, ma si rischia di inaugurare una stagione di fratture difficili da ricomporre”.
Tra Italicum, Senato e articolo 18 la corda è stata tirata molto. Scissione?
“Una pena alla volta. Comunque non credo, non siamo ancora a quel punto anche se Civati usa toni forti. Però il partito di sinistra più grande d`Europa deve discutere. Una vicenda come questa non si chiude in modo muscolare, altrimenti si scava un fossato. C`è un problema serio. I numeri sono dalla parte di Renzi e Sacconi, ma il problema è il modello sociale verso il quale andiamo”.
Che cosa chiede a Renzi?
“Di ascoltare i nostri consigli, di accettarli. Non si può dire o si fa così o si fa così. Che modello di politica economica viene fuori?”.
Il combinato lavoro-legge di stabilità rischia di essere devastante.
“Appunto per questo dobbiamo discutere e trovare una mediazione. Certe cose non sono contemplate nel mandato che Renzi ha ricevuto”.
Voterà il Jobs Act?
“Un passo per volta. Se non verrà accolta nessuna nostra proposta voterò contro in direzione. Poi vedremo… Siamo comunque un partito che discute, la ditta non è di nessuno, altrimenti rischiamo di cambiare pelle. Si rottamano i comportamenti sbagliati, non i valori e i principi”.
Si dice che il Pd abbia un`idea di società e Renzi no.
“Potrei concordare. Matteo si è candidato a segretario dicendo cose di un uniformismo spinto. Ora sta cambiando la palla del gioco: passa dal calcio al rugby. Ha cambiato idea su tutto: articolo 18, garantismo. L`idea che un partito ha della società e del Paese è importante”.
All`Italia serve un governo che faccia o un Pd al 40,8%?
“Serviva una guida riformata e riformatrice con un governo distinti, con responsabilità più filtrate. Con Letta premier e Renzi segretario avremmo preso lo stesso il 40,8%, non commettendo l`errore di sottovalutare chi ci critica.