RASSEGNA STAMPA

Leviamo l'Irap, non l'incentivo a chi reinveste nell'azienda

15.10.2018

Intervista rilasciata a Valentina Melis, pubblicata su Il Sole 24 Ore

Piuttosto che sacrificare l’aiuto alla crescita economica, servirebbe ragionare sull’eliminazione dell’Irap e sul taglio del cuneo fiscale. Sono queste le priorità per Francesco Boccia, 50 anni, componente della commissione Bilancio della Camera e candidato alla segreteria del Partito democratico, in vista della riforma fiscale annunciata dal Governo. Secondo Boccia, la fiat tax sarà un incentivo per le imprese a restare piccole e aumenterà la precarietà del lavoro.

Il regime forfettario per le partite Iva è un aiuto per le piccole attività. C’è il rischio che si trasformi in un incentivo a non crescere per non subire una tassazione più pesante?
Non c’è dubbio che questo rischio ci sia. Anzi, poiché per accedere al regime forfettario bisogna averespese per personale fino a 5mila euro, chi oggi ha una segretaria potrebbe essere incentivato a licenziarlaper rientrare nei limiti. Ma le faccio un esempio: un artigiano che oggi ha 200 mila euro di fatturato e i 50 mila euro di costi, con un reddito imponibile di 50 mila euro, oggi paga tra Irpef e Irap oltre 20 mila euro di imposte. Praticamente il triplo di quello che pagherebbe un piccolo che fattura 65 mila euro, rientrando nel regime forfettario con la tassazione al 15 per cento. Chi è nel vecchio regime, quindi, per un anno pagherà di più, ma l’anno dopo valuterà come passare al forfettario».

Forti riduzioni di prelievo per chi potrà accedere alla flat tax creeranno una disparità tra partite Iva e lavoratori dipendenti?
Sì. Credo che molti lavoratori dipendenti di oggi diventeranno partite Iva. Con l’innalzamento del limite di accesso al regime forfettario da 3omila a 65mila euro di ricavi, vedo un rischio di far crescere la precarizzazione del lavoro, che si estenderà anche ai quadri. Consideriamo poi il fatto che le nuove regole del decreto «dignità» hanno praticamente cancellato la possibilità di ricorrere ai contratti a termine. Considerando l’aumento della convenienza fiscale della partita Iva, c’è il rischio che molti di coloro che hanno oggi un contratto a termine, siano costretti a lavorare in futuro come partite Iva fasulle.

Come vede l’abrogazione dell’Iri annunciata nella nota di aggiornamento al Def e lo scambio tra l’imposta sul reddito d’impresa e il regime forfettario?
L’imposta sul reddito d’impresa avrebbe portato le aziende individuali sulla strada delle Srl. La ditta individuale avrebbe pagato le tasse solo sugli utili intascati. Abrogare l’Iri ci riporta indietro rispetto
a questo percorso.

Come valuta la rinuncia all’aiuto alla crescita economica (Ace) in termini di attenzione verso il tema della crescita e del consolidamento delle imprese?
Sacrificare l’Ace è un errore perché l’aiuto alla crescita economica premia le aziende che reinvestono gli utili in azienda ed è un incentivo a crescere. Faccio un appello: piuttosto che tagliare l’Ace, ragioniamo sull’eliminazione dell’Irap. Ha più senso un intervento su questa imposta, che oltre a comportare costi e sperequazioni per le imprese, le costringe a duplicare gli adempimenti e le procedure. La carta per far ripartire l’economia resta comunque la riduzione strutturale del costo del lavoro: su questa partita avrei impegnato tutto il deficit aggiuntivo, e ci avrei aggiunto anche le risorse degli 80 euro. Con un taglio del cuneo fiscale, ci sarebbe anche un aumento dei salari netti».

Che cosa pensa del promesso mix tra l’Ires ridotta al 15% sugli investimenti e gli incentivi di Industria 4.0?
Bisogna ancora capire come il Governo ha intenzione di articolare questa parte degli interventi fiscali, anche sul fronte delle risorse. Quello che mi sembra prioritario è non distruggere il percorso costruito finora con le imprese sul pacchetto Industria 4.0.

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