RASSEGNA STAMPA

Pd, Boccia incorona Emiliano «È un leader, ora si fissi il congresso»

07.12.2016

Intervista rilasciata a Adriana Logroscino, pubblicata sul Corriere del Mezzogiorno

Ulivista e lettiano, politicamente nato con Michele Emiliano, e all’attuale governatore rimasto vicino, nonostante periodici conflitti, poi accreditato di renzismo, ma con rivendicata autonomia, il parlamentare dem pugliese Francesco Boccia oggi ha una certezza: «Il Pd deve andare a congresso. Renzi deve dimettersi anche da segretario».

Onorevole Boccia, lei era uno dei parlamentari per il Sì al referendum. O no?
«Io non ho votato la riforma costituzionale in aula per due volte su tre. Avevo alcune perplessità e ho sempre ritenuto non utile per il Paese spaccarlo con un insensato derby. Non ho partecipato a un solo dibattito per il Sì in giro per l’Italia. Tuttavia mi sono comportato da dirigente leale del mio partito».

E si è smarcato da Renzi a ridosso del voto.
«Invece con Renzi sono stato critico molte volte: sulla riforma delle Popolari, sulla cancellazione della web tax, sul jobs act che non ho votato. Poi ci eravamo riavvicinati».

Cosa è successo nelle ultime settimane?
«È stata fatta una scelta scellerata ai danni di Taranto, non riconoscendo, nella legge di stabilità, i 50 milioni che Emiliano aveva chiesto ottenendo garanzie. E, si badi, Emiliano aveva chiesto una cosa nobile: fondi per fronteggiare un’emergenza sanitaria. Non, come il presidente De Luca, poteri di gestione o fondi per coprire il disavanzo del trasporto pubblico campano. Ma i soldi sono stati negati dal governo. Era un tentativo maldestro di punire la Puglia. Non potevo stare zitto».

Ultimamente sembra di nuovo in grande sintonia con Emiliano.
«Con Emiliano ho sempre avuto un rapporto molto intenso».

Lei l’ha accusato di comportarsi da proprietario del partito, quando ha accolto il centrista (ed ex centrodestra) sindaco di Bisceglie, Spina, nel Pd.
«Un rapporto intenso, come dicevo, in cui ci siamo detti di tutto più volte. Ma non dimentico che ho iniziato la mia esperienza politica come suo assessore, a Bari. E credo che il suo modello di governo, prima a Bari poi in Puglia, potrebbe essere mutuato a livello nazionale».

Il Pd alleato della sinistra, come rivendica il governatore?
«Sì, il cammino naturale del Pd. Che deve tornare a guardare a SI, certo. E al mondo dei movimenti civici, delle associazioni no profit. Allargandosi ma senza defenestrare la sua sinistra, come è invece successo. Quando dalla tua si schierano finanza, industria, mondi che non disprezzo, ci mancherebbe, e hai i giovani contro, qualcosa non va: non hai fatto una politica di sinistra. Per questo serve un congresso».

E lei pensa sia il momento per Emiliano di tentare la scalata al Pd?
«Io, come tanti, da Chiamparino a Rossi, penso che nel Pd la leadership debba essere contendibile. Che il partito non possa essere cancellato, fagocitato dal governo. Ma debba sostenerlo e correggerlo. Non è stato così in questi anni, come dimostra la disastrosa gestione del rapporto con chi rappresenta la scuola, dopo la riforma. Politicamente un suicidio».

Lo dice anche Emiliano. È il suo segretario ideale?
«Michele è una personalità straordinaria e un punto di riferimento per molti nel partito. Ora sta facendo il presidente della Regione e lo sta facendo bene. Si fissi la data del congresso, che non è una concessione di Renzi, è necessario: l’alleanza con Verdini e Alfano è nata per le riforme e ora dovrebbe diventare il destino ineluttabile del Pd? Solo dopo si valuterà il miglior interprete di chi ha creduto in un partito unico della sinistra italiana. Quanto a me, di certo non voterò per Renzi. Se si ricandiderà».

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