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24.08.13 - Ma se il Cav concederà la grazia a Letta, Renzi e Letta poi potranno convivere insieme? Sì, ma a un paio di condizioni. ( da ILFOGLIO.IT del 24.08.2013 )

24.08.2013
Negli ultimi giorni, tra una disquisizione e un'altra sul futuro politico del Pd e del Pdl e una valutazione e un'altra sulle reali intenzioni del centrosinistra e soprattutto del centrodestra rispetto al destino di questo esecutivo, è successo che il Partito democratico, tra le altre cose, si è ritrovato a discutere un documento congressuale che ha suscitato reazioni vivaci sia all'interno del fronte governativo sia all'interno del fronte anti governativo e che tornerà presto d'attualità se alla fine di queste ore turbolente Berlusconi, diciamo così, deciderà di concedere la grazia al governo Letta. Il documento in questione è quello proposto da Francesco Boccia (deputato del Pd, presidente della Commissione Bilancio della Camera), ed è un documento che l'onorevole Boccia presenterà a settembre con molti suoi colleghi, amministratori e militanti del Pd con l'idea di indicare al Pd - qualora il governo dovesse essere ancora in piedi - una strada possibile per far coesistere all'interno dello stesso percorso politico sia il fronte dei governisti del Pd (e dunque in primis Enrico Letta) sia il fronte dei non governisti, ovvero il fronte guidato da quei politici che per molte ragioni nascondono con una certa difficoltà la propria voglia di andare a votare al più presto possibile (e dunque in primis Matteo Renzi).
Il documento di Boccia, a leggerlo nel suo insieme, sembra voler indicare uno scenario politico in cui la leadership (attuale) di Enrico Letta e quella (futura) di Matteo Renzi potrebbero coesistere solo perseguendo insieme un obiettivo comune: costruire oggi dalla plancia di comando del governo le basi per far sì che la sinistra si presenti alle prossime elezioni non solo portando in dote una nuova riforma elettorale ma anche una serie di riforme utili a dimostrare che la sinistra di governo non è, per così dire, solo chiacchiere e distintivo. Boccia, che nel suo documento critica con toni a volte da rottamatore la vecchia classe dirigente del Pd per non aver saputo dar vita in tutti questi anni a un vero Pd riformista capace di combattere i totalitarismi di vario genere presenti nel nostro paese, è stato in qualche modo attaccato sia dalla gauche del Pd (che ha accusato Boccia di voler incatenare il Pd al governo) sia dal mondo governativo del Pd (e anche da molti lettiani) che lo ha accusato di voler far entrare in modo indebito il presidente del consiglio nel dibattito congressuale. Il documento, come avrete notato, ha fatto discutere e il Foglio ha pensato di interpellare direttamente il primo firmatario di questa mozione-non-mozione per capire qualcosa di più sulla vicenda, e per capire in che senso secondo Boccia (che in questi ultimi mesi è stato uno dei sostenitori della necessità di un dialogo permanente tra il sindaco di Firenze e il presidente del Consiglio), Renzi e Letta potrebbero convivere pacificamente, se il governo riuscirà a resistere e andare avanti. Boccia ha accettato di parlare e questo è il suo punto di vista sulla questione. "La premessa per capire la ragione da cui nasce questo documento è semplice, ed è sintetizzabile con una domanda: come può una semplice discussione su un congresso trasformarsi in una minaccia per il governo? È normale? Io dico di no. E dico che solo con un partito forte può esistere un governo altrettanto forte. Partiamo da un dato. Il congresso che ci prepariamo a celebrare non è una sciagura ma è fondamentale per un partito come il nostro. Sbaglia chi sostiene che sarebbe stato meglio celebrarlo più avanti, per non creare problemi e non rompere l'armonia correntizia. No, non è così. Il Pd è un partito che ha bisogno di un congresso. Dopo quattro anni é vitale la discussione aperta per la vita di un partito. Dopo quattro anni, il rischio, e le polemiche di questi giorni sono una prova evidente, é che i gruppi dirigenti riescano solo a covare i peggiori sentimenti che possano albergare in una forza politica: la paura di decidere, di parlare, perfino di discutere. Scusate - continua Boccia - ma è mai possibile che se qualcuno dice qualcosa, in questo partito, e se esce un po' dagli schemi, viene guardato subito male, e tutti lì a chiedersi 'perché lo fa' e 'chi c?è dietro?' e 'che cosa va cercando?'. Io penso che la questione purtroppo sia semplice e che questo continuo, diciamo così, cortocircuito democratico, nasca da un problema evidente: nel Pd spesso ci rinchiudiamo negli steccati dello 'stiamo bene tra di noi' e così mortifichiamo gli entusiasmi dei nostri giovani, chiudiamo la porta a quelli che poi dovrebbero aprircela, quella porta, al nostro vero mondo. E allora mi chiedo ma siamo sicuri che la politica del sopracciglio alzato - e mi rivolgo senza polemica anche al mio amico Fassina, con il quale, comunque sia, stiamo facendo insieme un duro e importante lavoro di sostegno a questo governo e a questa maggioranza - sia quella giusta per dare al paese un partito capace di discutere e di risolvere i problemi del paese?".
Piaccia o no - continua Boccia - "la discussione, anche vivace, era il punto di forza delle principali componenti storiche del partito, il Pci, la Dc e il Psi. Certo, un tempo c'era il centralismo democratico ma almeno era una cosa seria e il proliferare delle idee non era ritenuto un problema, bensì un arricchimento. Oggi io parlo, faccio la cosa più normale del mondo, mi preparo al congresso del mio partito, come hanno fatto in modo intelligente anche i miei colleghi Damiano e Chiti, con il loro documento "la costituzione delle idee", metto giù alcuni appunti condivisi con molti amici e sindaci, e viene giù l?onda di anatemi, soprattutto dei protetti, dei professionisti della politica e della paura. Tornando al documento, io vorrei offrire un contributo al dibattito precongressuale del mio partito ed è ovvio che il presidente del consiglio non c?entri nulla e che non ho mai immaginato per una bozza di documento congressuale di rappresentare la sua area di riferimento. Rappresento me stesso. Posso? Come rappresentano se stessi tutti quelli che hanno voglia di parlare. Nonostante quello che sento dire in giro - dice ancora Boccia - io non ho fatto calcoli di convenienza, ma ho messo nero su bianco le sensazioni raccolte andando in giro per i nostri circoli, incontrando gruppi di persone, ascoltando chi ti dà ragione, ma soprattutto chi non ti dà ragione. Ecco, forse abbiamo perso il gusto antico - che si chiama rispetto - di ascoltare ciò che hanno da dire coloro che magari non la pensano come noi senza necessariamente insultarli o confinarli nello steccato degli eretici da bruciare magari sul rogo di convinzioni prestabilite. Ma prestabilite poi da chi e perché? E? francamente penoso vedere brillanti intelligenze in perenne attese di qualcuno che pensi e decida al loro posto. Ed è ancora più penoso constatare che la loro paura contagia spesso anche gli stessi leader storici per i quali ho stima. Ma anch?essi, purtroppo, guardano ai dadi della paura, alle percentuali, ai giochi di corridoio. E invece qui il punto è semplice: serve un Pd con l'anima. Un Pd dove possano costruire insieme un percorso futuro anche personalità e leadership che oggi sembrano distanti l'una con l'altra. Qui non si tratta di una responsabilità di Epifani, che fa molto bene il suo lavoro di raccordo da una stagione difficile al congresso. La responsabilità é dell'intero gruppo dirigente, me compreso. E non ho alcuna intenzione di sfuggire alle mie responsabilità". Già, ma qual è il succo di questo documento? Cosa rimprovera Boccia al Pd? E cosa servirebbe al Pd, per dirla in poche parole, per tenere insieme i Letta, i Renzi, i Fassina e i D'Alema? "Il Pd - dice ancora Boccia - doveva essere la Terza Via italiana della sinistra dopo una storia difficile e fatta spesso da scissioni dolorose, invece oggi ci ritroviamo nei consueti piccoli vicoli della politica all'italiana che crediamo di conoscere a menadito e invece spesso non intercettiamo quello che accade lì fuori. Per questo si fanno i congressi, per questo si discute, per questo ci si ascolta e rispetta reciprocamente. Credo che Enrico Letta stia facendo un lavoro straordinario e che il governo di larghe intese debba andare avanti a tempo pur essendo un?anomalia in natura. Non ho bisogno di sentirmi dare o non dare la carta d?identità di lettiano doc: conosco Enrico da una vita e penso che sia una delle migliori persone e intelligenze che l?Italia repubblicana abbia avuto nella sua storia recente, come del resto Renzi rappresenta un evidente valore aggiunto per il Pd. Credo anche che il suo governo, quello di Enrico, non sia un fine, ma un mezzo, un mezzo unico straordinario per condurre l?Italia in un porto tranquillo. E ci voleva la saggezza di un padre della patria come Napolitano per capire che stiamo vivendo un momento storico particolare. Purtroppo spesso in molti si dimenticano che qui siamo nel guado di una crisi che non è più solo finanziaria, ma di sistema, una crisi che se non gestita rischia di mandare a terra innanzi tutto i più deboli, coloro, cioè ai quali dovremmo far riferimento ogni giorno. Ecco. Questi problemi reali sul nostro ruolo, sulla funzione del Pd mi hanno spinto quest?estate a buttare giù alcune idee sulle quali confrontarmi con colleghi, amministratori e militanti e in quasi tutti ho ritrovato l?entusiasmo di tornare a occuparci di cose concrete per il partito, per la sua anima. Dobbiamo costruire un Pd di governo, e un Pd che vuole governare bene oggi è un Pd che non può perdere tempo e deve organizzarsi bene, anche sporcandosi un po' le mani, per essere pronto a governare anche domani. E in questo senso, Matteo ed Enrico hanno la responsabilità storica di lavorare insieme per il bene del paese, per un'Italia riformista che nella mia visione è la sinistra di governo che sinora è puntualmente risultata assente agli appuntamenti con la storia?. Claudio Cerasa

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